Anche i dipendenti sardi di Mediaworld incrociano le braccia e manifestano con un sit-in nei davanti all'ingresso dei due punti vendita presenti in Sardegna.

Protestano contro i ridimensionamenti, la chiusura delle sedi e il taglio di personale da parte della catena a livello centrale.

Nel negozio di Sestu, il 70 per cento aderisce allo sciopero proclamato dai sindacati Filcams Cgil e Uiltucs Uil a livello nazionale, addirittura il 100 per cento dei lavoratori in quello di Sassari (dove i lavoratori, circa una quarantina, sono in contratto di solidarietà). Complessivamente, i dipendenti sardi di Mediaworld sono poco più di un centinaio.

"L'atteggiamento dell'azienda Mediamarket", proprietaria del marchio Mediaworld, "è inaccettabile", tuona Cristiano Ardau, segretario regionale Uiltucs. "Ci dice che ha accumulato perdite per 17 milioni di euro ma si rifiuta di spiegare dove ha maturato queste perdite e non vuole incontrare le organizzazioni sindacali per discutere insieme di un piano industriale serio. Mediaworld vende frullatori ma non può scendere i diritti dei lavoratori".

"Le scelte compiute dall'azienda a livello nazionale ci preoccupano", afferma Simona Fanzecco, segretaria regionale della Filcams. "L'azienda vuole evitare di incontrare i sindacati e cerca di gestire la vertenza trattando singolarmente con i lavoratori". Non solo: "La maggiorazione lavorativa domenicale del 90 per cento dal primo maggio sarà tagliata e portata al 30 per cento, come previsto dal contratto del commercio. E ciò riguarderà tutti i lavoratori senza esclusione".

Ma a preoccupare maggiormente c'è il fatto che "ci sono i punti vendita in solidarietà", vedi Sassari", "il cui regime scade ad aprile e l'azienda ha comunicato di non voler chiedere proroghe".

Per questi motivi, concludono Fanzecco e Ardau, "chiediamo che l'azienda riapra il tavolo nazionale con i sindacati per valutare insieme i problemi e individuare le soluzioni".

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