L'Eurispes e il CIF Sardegna, in partenariato con CSV Sardegna Solidale e IFOS e con il contributo dell'Assessorato Regionale alla Programmazione e Bilancio hanno realizzato l'Indagine sulla condizione degli ultra 65enni nel periodo del Covid-19 in Sardegna.

Gli anziani sono stati al centro del dibattito nel corso della pandemia cominciata, in Italia, nel marzo del 2020 col primo lockdown. Il range degli over 65 è stato il più colpito dall'ondata di contagi, che ha martoriato in particolare i più anziani e affetti da patologie. Dal punto di vista pratico, si è cercato di proteggere e salvaguardare gli over 65 dal contagio, e ciò ne ha inevitabilmente indebolito la vita sociale e le occasioni di contatto col mondo esterno, minandone gli equilibri emotivi e psicologici.

Lo studio, che pone il focus sulla popolazione con più di 65 anni residente in Sardegna, si è soffermata sia sulle condizioni abitative dei rispondenti sia sul fronte psicologico e relazionale, nonché sulla visione del futuro e della realtà proposta dai mezzi di informazione e scandita da provvedimenti e decreti.

La qualità degli spazi abitativi è stata fondamentale durante il lockdown di marzo, aprile e maggio 2020: la maggioranza degli over 65 sardi, ovvero il 64%, si muove tra più di tre stanze, mentre solo l'11,2% ha uno/due vani rispetto ai servizi e cucina, mentre più del 60% ha a disposizione un giardino privato o condominiale.

Per quanto riguarda la socialità, le misure di contenimento hanno inasprito la condizione degli anziani che già vivevano da soli; per loro la quarantena è stata senz'altro più dura e problematica, soprattutto nello svolgimento di incarichi esterni come l'acquisto di generi di prima necessità e farmaci, o l'accesso all'assistenza sanitaria territoriale.

E' stato chiesto, dunque, agli over 65 con chi avessero trascorso il periodo della quarantena dei mesi di marzo, aprile e maggio. Ne è emerso che soltanto il 15,2% ha trascorso tale periodo da solo, mentre il resto del campione può contare su conviventi. Il 45,1% ha trascorso il lockdown con il/la coniuge o il/la convivente. Il 23,8% ha potuto contare sulla presenza dei figli, il 6,4% dei fratelli o delle sorelle, il 5,7% dei nipoti, l'1,8% di parenti altri, mentre il 2% ha trascorso la quarantena con altre persone che non fossero parenti.

Con gli esterni al nucleo familiare, i contatti sono avvenuti grazie all'aiuto della tecnologia, che è stata largamente utilizzata dagli over 65: durante il primo lockdown, hanno dichiarato di aver avuto contatti con persone esterne al proprio nucleo familiare soprattutto tramite telefono e videochiamate (70,1%), mentre i contatti sono avvenuti tramite Internet e interazioni su social network per il 16,1% del campione. Il 3% ha frequentato locali pubblici e il 2,9% il posto di lavoro. Infine, il 7,9% degli intervistati non ha avuto nessun tipo di contatto al di fuori della propria cerchia familiare.

Provando a tracciare e caratterizzare le emozioni provate durante il lockdown di marzo, aprile e maggio scorsi, l'affermazione più condivisa è stata quella che lamentava la mancanza di momenti di aggregazione con amici e parenti (31%), seguita dalla limitazione della propria libertà (29,2%). Il 14,8% degli intervistati ha provato un senso di solitudine e isolamento ma, in linea di massima, più che l'angoscia da isolamento e la solitudine, gli anziani hanno sofferto la mancanza di momenti aggregativi e il cambiamento nelle proprie abitudini, inteso come privazione della propria libertà. Solo una persona su quattro (25%) non ha riscontrato alcun cambiamento nelle proprie abitudini o addirittura ha colto il lato positivo dell'esperienza, dedicandosi ad attività altrimenti trascurate.

Nell'indagine sul benessere psicologico degli over 65 sardi, è stato poi chiesto agli intervistati di riferire quali fossero gli stati d'animo provati in relazione alla situazione di emergenza dovuta alla diffusione del Covid-19. Un intervistato su tre (33,7%) dice di aver "estremamente" e "molta" paura di perdere la vita a causa del Covid-19.

Per quanto riguarda, invece, gli stati d'animo messi a dura prova dallo stress generato dalla pandemia, il 9,1% si sente "estremamente", "molto" (14,9%) o "abbastanza" (24,8%) più nervoso del solito, sebbene la percentuale più alta (28,7%) comprenda chi si dichiara "poco" più nervoso del solito. Rispetto a prima, si spaventa facilmente o viene preso dal panico (estremamente, poco o abbastanza) il 32,4% degli intervistati, mentre la maggioranza (67,6), su questo punto, è poco o per niente spaventata o presa dal panico.

L'istituto Eurispes ha indagato sulla permanenza dei disturbi dell'umore anche al termine delle misure adottate fino al maggio 2020. Dopo il lockdown, ha avuto problemi di ansia, insonnia e tono dell'umore "mai" (29,6%) o "raramente" (27,6%) più della metà del campione. I disturbi permangono, invece, "qualche volta" per il 26% dei rispondenti, "spesso" per il 13,9% e "sempre" per il 2,9%. I numeri indicano uno scenario tendenzialmente stabile.

E' stato chiesto anche agli over 65 se durante il periodo di lockdown nella primavera del 2020 abbianoo usufruito dei servizi messi a disposizione da volontari, associazioni o esercizi commerciali, come il recapito a domicilio di farmaci o generi alimentari. Benché siano servizi pensati soprattutto per anziani e persone in difficoltà, il 70,2% degli intervistati dichiara di non averne usufruito, il 15,2% ne ha usufruito qualche volta, il 6,5% raramente, il 5,6% spesso. Il 2,5% degli intervistati ha invece dichiarato di non essere stato a conoscenza di tale servizio.

Il timore che il Covid depotenziasse l'assistenza sanitaria territoriale ordinaria ha fondamento nei dati emersi nel corso dell'indagine, e non sorprende che uno dei timori più diffusi sia quello di non essere curato, per Covid o altre patologie. Come emerge dall'indagine, durante la quarantena dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, ha potuto usufruire dell'assistenza sanitaria territoriale per patologie non legate al Covid-19 "mai" un intervistato su quattro (25,3%), "qualche volta" il 24,4%, raramente l'11,7%. Solo il 17,1% degli utenti ha beneficiato di assistenza sanitaria territoriale nonostante l'emergenza.

Hanno usufruito del servizio sanitario territoriale "sempre" soprattutto nel Sud dell'Isola e a Cagliari, provincia dove più di un anziano su 4 ne ha usufruito sempre o spesso. Sassari ha la percentuale più alta tra chi ha risposto "mai" (30,3%), dunque qui le cose hanno funzionato in maniera meno efficiente sul fronte della assistenza territoriale. La provincia di Oristano, invece, è la zona dove c'è meno necessità di assistenza sanitaria territoriale, poiché qui il 26,9% degli anziani dichiara di non averne bisogno per patologie diverse dal Covid-19, mentre nel Sud della Sardegna solo il 12% dichiara di non aver bisogno di assistenza sanitaria territoriale.

Più della metà degli intervistati (63,5%) esprime un parere positivo sulla gestione dell'emergenza di marzo 2020 da parte del Governo: i provvedimenti adottati sono stati "abbastanza efficienti" per il 50,4% di essi, "tempestivi e adeguati" per il 13,1%. Il 20,6% del campione denuncia invece provvedimenti "contraddittori, confusi", per l'11,6% "inadeguati e insufficienti", mentre il 4,3% lamenta provvedimenti "troppo restrittivi". La gestione dell'emergenza è stata, tutto sommato, promossa; meno la comunicazione nel corso di tutto l'anno che gli over 65 hanno avvertito soprattutto come contraddittoria e confusa.

Dai dati emerge poi un certo pessimismo nel pensare al futuro della collettività quando è stato chiesto loro come ne uscirà il Paese da questa profonda crisi dal punto di vista della coesione sociale. La maggioranza degli intervistati ha una visione poco ottimista dell'Italia di domani: per il 44,6% il corpo sociale ne uscirà indebolito, o come prima per il 36% dei rispondenti. Solo per il 19,4% del campione il Paese ne uscirà rafforzato come solidarietà e coesione sociale.

(Unioneonline/F)
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