Il Salva Casa in Sardegna: tra semplificazione normativa e rilancio del patrimonio edilizio
Ogni intervento sull’esistente si scontra con una burocrazia stratificata e con un quadro normativo frastagliatoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Aumentare la vivibilità degli immobili esistenti, regolarizzare piccole difformità edilizie e rendere più fluido il mercato immobiliare: sono questi i nodi centrali delle politiche abitative che, tra Stato e Regioni, negli ultimi anni stanno ridisegnando il volto del patrimonio edilizio italiano.
In Sardegna, il confronto tra due strumenti chiave – il Piano Casa e il nuovo Salva Casa – rivela due visioni distinte, ma in parte complementari, dello sviluppo urbano e della gestione dell’esistente.
Da un lato, un impianto normativo decennale, fatto di deroghe e incentivi, nato per rispondere al fabbisogno abitativo e stimolare la riqualificazione edilizia. Dall’altro, un decreto nazionale recentissimo che interviene sulle micro-irregolarità diffuse nel costruito, semplificando le procedure e facilitando l’accesso al mercato.
Il contesto è chiaro: l’80% del patrimonio edilizio sardo (e italiano) è stato realizzato prima degli anni Novanta, spesso in assenza di criteri aggiornati su sicurezza, sostenibilità e documentazione formale. Eppure, ogni intervento sull’esistente si scontra con una burocrazia stratificata e con un quadro normativo frastagliato, dove regole nazionali e regionali spesso si sovrappongono o si contraddicono. L’obiettivo comune è uno solo: trasformare il costruito da zavorra a risorsa.
Nato nel 2008 con il decreto legge 112, il Piano Casa aveva un obiettivo preciso: favorire l’ampliamento e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, anche in deroga agli strumenti urbanistici, per rispondere al crescente fabbisogno abitativo. In Sardegna la prima applicazione arriva nel 2009 con la legge regionale 4, che introduce delle disposizioni straordinarie per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente attraverso interventi di adeguamento, ampliamento e recupero prevedendo anche una serie di incentivi volumetrici (fino al 30% in più incrementati in taluni casi di un ulteriore 30%) legati alla riqualificazione energetica degli immobili.
È la stagione delle proroghe e degli adeguamenti continui. Le leggi regionali 8 del 2015, 1 del 2017 e infine 1 del 2021 tentano di razionalizzare il quadro, introducendo norme più dettagliate sul recupero di sottotetti, seminterrati, piani terra e persino strutture amovibili a uso turistico. Ma è anche la stagione delle impugnazioni: la Corte Costituzionale interviene più volte, limitando la portata delle deroghe e ridisegnando i confini di ciò che è consentito.
A oggi, il Piano Casa è aggiornato alla Legge Regionale 9 del 2023, modificato con la Legge Regionale 17 del 2023 e da alcune pronunce della Corte Costituzionale del 2024, e restano in vigore alcune disposizioni riportate negli articoli dal 123 al 130. Si tratta di norme mirate ad esempio al recupero funzionale e al miglioramento dell’esistente, senza toccare le volumetrie in maniera sostanziale: il Piano Casa non è più uno strumento di espansione, ma un dispositivo di manutenzione ordinata del territorio costruito.
Con il Decreto Salva Casa, divenuto Legge 105/2024, introdotto a livello nazionale, cambia l’approccio. Qui non si parla più di incentivare nuove cubature, ma di semplificare la vita ai proprietari alle prese con piccole difformità edilizie che, pur non compromettendo la stabilità degli edifici, ne bloccano la commerciabilità o l’accesso ai bonus fiscali.
«Si tratta di una norma “di buon senso”, come l’hanno definita alcuni operatori del settore: alza le soglie di tolleranza su difformità minori (come piccoli scostamenti nelle altezze, distacchi, cubatura o nella superficie coperta), ammette deroghe ai fini dell’agibilità e chiarisce i margini entro cui si può intervenire senza incorrere in sanzioni o obblighi di demolizione», spiega l’ingegnera Sarah Orrù.
Non è un condono, questo è bene ribadirlo. Ma il Salva Casa interviene laddove la rigidità normativa aveva prodotto un blocco: immobili formalmente non conformi ma strutturalmente in regola, spesso bloccati per cavilli progettuali o carenze documentali. E in una regione come la Sardegna, dove il mercato immobiliare è spesso legato a case ereditate, seconde abitazioni e piccoli interventi non sempre correttamente registrati, l’impatto può essere rilevante.
A ben vedere, Piano Casa e Salva Casa rispondono a due urgenze diverse ma complementari. Il primo ha agito sulla quantità e sulla qualità dell’abitare, promuovendo ampliamenti e riqualificazioni in una fase di stagnazione del settore edilizio. Il secondo opera sulla legalità e sulla semplificazione, cercando di rendere pienamente utilizzabili (e commerciabili) gli immobili già esistenti.
«Entrambi, però, si muovono all’interno di una strategia che – finalmente – sembra riconoscere la centralità del patrimonio esistente nella pianificazione territoriale e nelle politiche economiche. E il futuro potrebbe consolidare questa visione».
Entro la fine di giugno 2025 sono attese le linee guida del Piano Casa Italia, previsto dalla manovra di bilancio 2025 (legge dello Stato n.207 del 30 dicembre 2024): un progetto nazionale di più ampio respiro che punta a integrare edilizia residenziale pubblica, rigenerazione urbana e semplificazione normativa, con un coinvolgimento diretto delle Regioni.