Sono i misteri moderni della guerra del gas. Putin invade l’Ucraina a colpi di missili e mortai, gli americani, nelle stesse ore, occupano senza resistenza il Golfo di Cagliari, quello degli Angeli per intenderci. Lo fanno a modo loro, a suon di pale eoliche e decreti legge. Se non ci fosse una dichiarata incomunicabilità si potrebbe pensare ad un’operazione concordata e a scacchiera: lo Zar occupa per sempre il mercato del gas in Occidente, gli americani rispondono con le mani sul vento di Sardegna. La concomitanza è senza precedenti. Tre mosse in un colpo solo. Guerra in Ucraina, decreto per liberalizzare l’invasione eolica nel mare sardo, sbarco degli americani nella società che vuole impiantare 93 pale eoliche nel Golfo degli Angeli e nel mare della Costa Smeralda. La prima mossa nello scacchiere la mette a segno il Governo italiano. È il 18 febbraio scorso. Mario Draghi, il banchiere d’Europa prestato a Palazzo Chigi, non ci pensa due volte: sotto la pressione di alleati e cittadini iscrive nell’agenda dell’esecutivo il “Decreto Bollette”.

La scusa della guerra

La crisi energetica, figlia delle pre-tensioni tra Russia e Occidente, sta mettendo sotto assedio le economie d’Europa. L’Italia è quella che paga più di tutti, prima le tensioni e ora la guerra tra Russia e Ucraina. Il Bel Paese non fa mistero: è legato a filo doppio con il gas russo, utilizzandone oltre il 40% dei propri consumi. L’obiettivo del governo è chiaro: attivare una mega partita di giro per abbattere i costi di sistema e rendere, teoricamente, meno salato il costo dell’energia. Una sorta di “mano destra che riceve dalla sinistra” e viceversa, dove a pagare, però, sono sempre i cittadini. La politica è quella degli sconti di facciata: prima si genera un aumento sproporzionato e poi si annunciano i saldi. Con una sostanziale differenza: in entrambi i casi pagano sempre loro, gli utenti finali. Con un aumento ipotetico del 100% dei costi energetici lo Stato si promuove benefattore, pagandone una parte. Peccato, però, che i cittadini, attraverso il debito pubblico, alla fine, finiscano per pagare, sia direttamente che indirettamente, l’intero aumento.

Decreto pro-eolico a mare

L’occasione, però, è troppo ghiotta per non tentare un vero e proprio blitz, sfruttando appieno i venti di guerra e le mire espansionistiche dello Zar di Russia. Il 18 di febbraio, in una seduta serale del Consiglio dei Ministri, il governo vara un pacchetto di misure per attenuare la morsa degli aumenti in bolletta. Del testo nessuno, però, sa niente. Finisce blindato, come se la sorpresa del contenuto si potesse svelare solo dopo che la Zecca dello Stato ha impresso l’inchiostro indelebile. A distanza di sette giorni da quell’annuncio il testo nella Gazzetta Ufficiale non è stato ancora pubblicato. Era atteso per ieri, ma le rotative non sembrano aver girato. Il testo, però, quello esaminato dal tavolo rotondo di Palazzo Chigi, è arrivato nelle nostre mani (nella foto con Draghi).

Azzeccagarbugli

Un provvedimento spacciato come “miracoloso”, ma che, in realtà, nasconde un’operazione esplicita: dare il via libera all’occupazione del mare sardo. Non scrivono esplicitamente la destinazione geografica del provvedimento, di certo, però, gli addetti ai lavori sanno di cosa si sta parlando. Con un colpo solo Draghi e Cingolani mettono a segno un provvedimento a favore di venditori di pale e prosciugatori di incentivi di Stato. La mossa è da azzeccagarbugli di norme e codici, con tanti di quei rimandi legislativi da far perdere il bandolo della matassa anche al più scafato dei giuristi di palazzo. L’intervento è chirurgico sui testi preesistenti. L’obiettivo è senza fronzoli: cancellare le residue resistenze all’invasione dell’eolico offshore nei mari della Sardegna e non solo. Il paravento è nel titolo del provvedimento che entrerà in vigore nelle prossime ore, al massimo giornate: «Decreto-legge recante misure urgenti per il contenimento dei costi dell’energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili, per il rilancio delle politiche industriali». Quale miglior provvedimento per infilarci dentro un bel regalo per le lobby del vento, da sempre alle prese con la rivolta dei territori e dei Comuni?

Blitz del mare

Il blitz nel mare sardo si compie con una formuletta che sa di epitaffio: le coste sarde possono essere inondate di tralicci eolici ciclopici. Nell’articolo 13 del provvedimento, quello tenuto blindato a Palazzo Chigi, c’è scritto: «Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative per gli impianti offshore». Come dire, deregulation. Liberi tutti, liberi, soprattutto, di occupare il mare di Sardegna. L’innesto normativo previsto dal decreto in fase di pubblicazione è un’occupazione senza limiti degli specchi acquei marini davanti a Villasimius, Cagliari, Capoterra e Nora, tutto senza vincoli di sorta, con la cancellazione di pareri vincolanti, come, per esempio, quello del Ministero dei Beni Culturali, ridotto ad un ruolo subalterno, una sorta di passacarte del sistema autorizzativo. Il provvedimento di Draghi è estensivo, nel senso che non gli bastavano le acque individuate come idonee per piantumare in mezzo al mare le ciclopiche pale eoliche, con il nuovo decreto decide di aprire i confini e dichiararle tutte utilizzabili.

Ministri passacarte

La formula legislativa è totalizzante: le corsie preferenziali, senza alcun ostacolo, valgono anche per le «aree non sottoposte a vincoli incompatibili con l’insediamento di impianti off-shore». Per assicurarsi che non ci sia alcun tipo di problema aggiungono: non ci possono essere «moratorie», nemmeno per queste nuove localizzazioni. In pratica, manu militari. Il Governo sceglie di agire cancellando il Ministero della Cultura che viene solo «sentito». Un trattamento che non si riserva nemmeno all’ultimo dei sudditi. Per non parlare della Regione, mai nemmeno citata. Il decreto, quello di Draghi e Cingolani, entrerà in vigore a guerra russa già esplosa. Riflettori accesi sull’Ucraina e spenti sul mare di Sardegna. L’avanzata di Putin sulle strade di Kiev, però, rafforza gli obiettivi delle lobby del vento: accaparrarsi subito e senza perdere tempo gran parte degli incentivi pubblici. La guerra in Ucraina, dunque, non può che essere la miglior scusa per consumare, sino in fondo, l’affare dell’eolico a mare.

Strane coincidenze

Nelle stesse ore in cui le milizie russe varcavano i confini del Donbass, nel sud est dell’Ucraina, a Piazza Affari, nel cuore di Milano, con il decreto del governo appena varato, sbarcavano le “milizie” finanziarie americane. Missione esplicita e dichiarata: comprare la società che ha progettato l’invasione eolica del mare di Sardegna, la Falck Renewables, da sempre la “costola verde” della famiglia Falck, quella dell’acciaio. A mettere le mani sul 60% di quella costola eolica, compresa la Nora Ventu, la società creata ad hoc per lo sbarco nell’Isola, è nientemeno che la più imponente banca a stelle e strisce del mondo, la JP Morgan. L’operazione era stata annunciata dieci giorni prima, nel giorno di San Valentino, ma quella che si stava per consumare non era una prova d’amore. Nello stesso giorno in cui i carri armati rompevano gli indugi sul confine ucraino, l'Infrastructure Investments Fund, il fondo legato a JP Morgan, acquistava il 60% della società italiana di energia rinnovabile di proprietà, sino a poco prima della guerra, della potente famiglia dell’acciaio italiano.

Saltano gli italiani

L’operazione è in salsa “paramilitare”: in un sol colpo fuori gli italiani dal Consiglio di amministrazione. Al posto dei Falck, Enrico e Federico, subentrano Olov Mikael Kramer, nominato Presidente esecutivo del Consiglio di Amministrazione e John Hoskins Foster, l’americano del Colorado, designato alla vice presidenza dello sbarco eolico offshore nel mare sardo. La storia del nuovo presidente è tutta energetica, dall’idroelettrica all’eolica, dal nucleare al gas e carbone. Il «pedigree» è forgiato nel vento gelido del nord Europa, portando a casa transazioni spaventose nell'eolico onshore e offshore, rispettivamente di 740 Mw e 1800 Mw. Dunque, gli americani, quelli della potentissima JP Morgan, per lo sbarco in Sardegna, si affidano all’uomo che più di tutti nel mondo ha disseminato pale in mezzo al mare. Da ieri, in Borsa, intanto, è scattata anche l’operazione per l’offerta pubblica di acquisto per il resto delle azioni, compreso un green bond volontario da 200 milioni di euro.

Enigma dei tempi

In questa scalata al vento e al mare di Sardegna non sfuggirà un dettaglio: nell’annunciare alla Borsa l’acquisto americano delle azioni eoliche nel mare sardo si era ufficialmente previsto un accordo “subordinato” alla definizione delle ingenti “autorizzazioni” tutte ancora da ottenere. Resta un’enigma: si trattava solo di autorizzazioni finanziarie e procedurali o il riferimento era piuttosto a quelle relative all’invasione da Capo Carbonara a Villasimius, da Cagliari a Nora, nella costa di Pula? Non c’è ombra di dubbio: Putin, con l’invasione dell’Ucraina, ha dato al governo italiano l’estrema scusa per un regalo senza precedenti agli americani: le pale eoliche nel Golfo di Cagliari.

Corte & marines

La determinazione delle operazioni energetiche in terra sarda non lasciano molti spazi d’azione. C’è solo una strada per fermarle: l’impugnazione del Decreto del Governo davanti alla Corte Costituzionale, sollevando un vero e proprio conflitto d’attribuzioni tra la Regione e lo Stato. È l’unica mossa in grado di fermare lo sbarco dei “marines”, quelli che vogliono produrre dollari a gogò facendo girare le pale eoliche nel Golfo degli Angeli. Dalla guerra del gas a quella del vento.

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