Se non fosse una bozza di decreto vergata su carta intestata di Palazzo Chigi, con tanto di firma annunciata del banchiere d’Europa fattosi Presidente del Consiglio, si potrebbe pensare ad uno scherzo. In uno dei capoversi del dispositivo del nuovo testo sul decreto energia per la Sardegna, trasmesso dal Ministro della Transizione Ecologica alla Regione, i signori di Roma hanno avuto l’ardire di scrivere: «consentire un maggior numero di accosti finalizzato al servizio di caricamento del Gnl su bettoline per il collegamento virtuale». Basterebbero queste due espressioni, bettoline e collegamento virtuale, per capire tutto e rispedire al mittente con tanto di sonora bocciatura. Il futuro energetico dell’Isola, l’unica vera Regione insulare nel Mediterraneo, insieme alla Corsica, sarà affidato a "bettoline” e a collegamenti che non ci sono. Una finta, insomma. Il testo di quel decreto ritrasmesso nei giorni scorsi dalla Capitale verso viale Trento a Cagliari è un susseguirsi di veri e propri sotterfugi per “imporre” un piano scritto nelle segrete stanze delle lobby dell’energia.

Transizione & Sardegna

Lo spirito che lo anima è chiaro: l’Italia deve soddisfare le riduzioni di emissioni di Co2 entro i tempi stabiliti dall’ultima conferenza del clima di Parigi. Per raggiungere quell’obiettivo si dovrebbero imporre riduzioni proporzionali ad ogni territorio, distribuite su tutto lo Stivale, capaci di ammortizzare gli iniziali effetti negativi sull’economia. Proporre dei sacrifici a tutti, però, non è, evidentemente, conveniente. Perché non prova il Governo a dire alla Lombardia, al Veneto, al Piemonte, alla Campania o al Lazio di rinunciare alle centrali elettriche che alimentano lo sviluppo produttivo di quelle Regioni?

Propaganda green

La tesi della Sardegna green, propogandata in lungo e in largo, in realtà, non è altro che un piano subdolo per scaricare sull’Isola tutto il peso, o una gran parte, della transizione ecologica italiana. Se ci sono da fare sacrifici, dice sostanzialmente il decreto predisposto dal Governo, devono essere concentrati in Sardegna. Del resto, è scritto nel retro pensiero, i sardi sono pochi, lontani e isolati. E’ per questa ragione che il Ministro della Transizione Ecologica si sta “dimenando” in ogni modo pur di far firmare a Mario Draghi quel “commissariamento-occupazione” della Sardegna. In tutta Italia le centrali a carbone le stanno riconvertendo, dicasi tutte, a gas. In Sardegna, l’unica Regione, no. Qui le spengono, come se non ci fosse un domani. Nessuna riconversione. Di punto in bianco fanno sparire le due centrali a carbone, entro il 2025, quella di Portovesme e quella di Porto Torres, cancellando ben 1.500 megawatt di energia che alimentano gran parte della Sardegna, abbondantemente i tre quarti dell’Isola. E’ fin troppo evidente che quella cancellazione di 1.500 megawatt di produzione di energia elettrica serve solo all’Italia e non alla Sardegna. Quelle chiusure servono al Governo per garantire tutte le altre centrali elettriche sparse nel resto del Paese.

Pagano i Sardi

La Sardegna, dunque, paga e gli altri se la godono. Qui centrali chiuse e nel resto d’Italia energia elettrica prodotta con nuove centrali a gas, potenti e autonome. Il peso nazionale della transizione ecologica viene, quindi, scaricato tutto sull’Isola del Nuraghi. Un’operazione studiata a tavolino, e non da oggi. Il decreto risulta essere solo un modesto paravento ad azioni già decise, scritte e portate avanti sulla testa della Sardegna e dei sardi. Un atto del Governo, qualora venisse sottoscritto, palesemente in contrasto con le principali norme Costituzionali e Statutarie che assegnano alla Regione sarda la competenza “esclusiva” nel Governo del Territorio e nella Tutela del Paesaggio e quella “concorrente” per la “Produzione e distribuzione dell'energia elettrica”.

Cartomanti

Se venisse approvato sarebbe un commissariamento vero e proprio, sia per la competenza esclusiva che per quella concorrente. In realtà, però, il Governo persegue questa strada per “coprire”, o dare una parvenza di copertura amministrativa, ad un piano che le lobby energetiche italiane e non solo hanno già deciso da tempo nelle segrete stanze di Roma e Milano. Non si spiegherebbe diversamente il fatto che il 28 dicembre del 2020 la Snam Rete Gas abbia affidato ad una società francese dal nome italiano, la Technip Italia, la “progettazione” del FSRU, l’unità galleggiante di stoccaggio e rigassificazione di Portovesme per ben 2 milioni e 300 mila euro. Ed è altrettanto da preveggenti aver bandito, il 15 marzo del 2021, sempre la Snam, una procedura per l’acquisto di navi gasiere e la fornitura di Floating Storage Regasification unit, in pratica sempre le stesse unità galleggianti per le quali tre mesi prima aveva bandito la progettazione. Un importo per l’acquisto di bettoline e rigassificatore galleggiante non dichiarato, ma stimato in trecento milioni di euro.

Governo a rimorchio

Una soluzione, quella dei rigassificatori galleggianti, stranamente indicata al comma 4 dell’articolo 2 del decreto preannunciato da Palazzo Chigi. Insomma, prima la Snam fa partire l’acquisto di bettoline e unità galleggianti e, poi, il Governo inserisce quella soluzione nel decreto Sardegna. Come dire, questo decreto “pianifica” quello che, invece, si sta già realizzando, alla faccia dell’intesa con la Regione. Ed è proprio questa soluzione dei galleggianti a generare uno dei vulnus più impattanti sull’economia energetica dell’Isola. La scelta di piazzare i rigassificatori in mare, una sorta di Saras galleggiante, lascia comprendere l’approccio del governo alla causa energetica della Sardegna: provvisorietà e marginalità. Tutto questo ignorando i rischi di questi veri e propri mostri ambientali da piazzare uno a Portoscuso, a due passi dai faraglioni di Pan di Zucchero e dall’Isola di Carloforte, e l’altro sul versante nord, a Porto Torres davanti all’Asinara, nel tratto di mare a due passi dalla Pelosa. Il decreto non si pone problemi ambientali: autorizza tutto con il commissariamento, illegittimo, della Regione sarda.

366 case in mare

Il “galleggiante” di Portoscuso avrà una dimensione ciclopica: in pratica 366 appartamenti da 100 metri quadri l’uno, piazzati in mezzo al mare, nella rotta dei tonni, dei traghetti e dei natanti. Un deposito galleggiante di 110.000 metri cubi a fronte dei 25 mila di quelli previsti a Porto Torres. Quello di Portovesme, per il quale il Sindaco, Giorgio Alimonda, ha già dichiarato guerra santa al progetto, dovrebbe servire il “segmento industriale del Sulcis”, ormai ridotto all’osso proprio per il costo energetico, spingendosi con una “mini dorsale”, non autorizzata e senza ipotesi di costi, sino alla città metropolitana di Cagliari. Un progetto che si sovrappone a quel rigassificatore che altri vogliono, invece, realizzare nello stagno dei fenicotteri, a Santa Gilla.

Isola divisa

L’obiettivo, dunque, è quello di fornire il gas ad una sola parte della Sardegna del Sud, quella connessa a Portovesme, forse Carbonia e Iglesias, ed eventualmente con una connessione che non si sa chi pagherà e a quali costi per connettere Cagliari. Per il nord il collegamento sarà riservato solo a Portotorres e Sassari. Ad Oristano il deposito già realizzato nel porto sarà dedicato a servire “le utenze limitrofe” recita il decreto. Chi vorrà altrove il Gnl dovrà accontentarsi di carri bombolai a spasso per le strade dell’Isola, incuranti di pericoli e rischi per un carico viario senza precedenti su percorsi da sempre inadeguati e insicuri. Della dorsale, invece, niente, per le infantili prese di posizione di chi anzichè difendere la Sardegna tutela gli interessi dei poteri forti. Per il resto l’Isola andrà a batterie, con l’installazione di compensatori sincroni, utilizzati per stabilizzare le reti elettriche. Una soluzione “costosissima”, dichiarano gli esperti, che servirà per tentare di ridurre gli abbassamenti di potenza e i cali di tensione.

Responsabilità

Soluzioni di fatto da “terzo mondo”, bettoline e carri bombolai, con una valanga di nuove pale eoliche e infinite distese di pannelli solari, che non garantiranno un prezzo equo e alla pari delle altre zone del Paese, e faranno pagare alla Sardegna una gestione elettrica da sottosviluppo, visto che il Governo cancella quasi tutta la produzione di energia, facendo salva solo la centrale Saras-Sarlux, stranamente esclusa dal processo green. Ultimo elemento. La Corte Costituzionale ha messo nero su bianco un principio: i poteri esclusivi di una Regione a Statuto Speciale non possono essere ceduti. Per condividere con lo Stato le scelte sulle materie di competenza concorrente, invece, scrive la Corte, servono “intese forti”. In pratica la sottoscrizione deve avvenire alla luce del sole e con l’approvazione da parte della Giunta Regionale e dello stesso Consiglio Regionale. Per essere ognuno responsabile, a tutti i livelli, di quel che sottoscrive.

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