Potrebbero continuare a lavorare, almeno in teoria perché in pratica sono pochissimi i clienti causa coronavirus, ma sono decine i pubblici esercenti che hanno deciso di chiudere i battenti volontariamente e fino a data da destinarsi.

Lo segnala Confcommercio sud Sardegna, precisando che si tratta di "una chiamata al dovere civico che molti di noi ritengono, in questo momento, doverosa".

"Non sono decisioni dettate dal panico - spiega il presidente Alberto Bertolotti - ma assunte con il cuore e al fine di dare un contributo fattivo alla limitazione di un contagio che alcuni modelli matematici indicano in oltre 1.000 unità entro il prossimo 30 marzo in Sardegna. Consapevoli, quindi, che solo un'azione comune potrà consentirci di superare quanto prima possibile questo sconcertante momento".

Dall'associazione arrivano una serie di consigli: "Suggeriamo, dove possibile, di attivare il take away e spesa a domicilio, rispettando tutte le norme di sicurezza ormai conosciute - indica Bertolotti -. In questo modo, non verrebbe a mancare un servizio di cui tanti usufruiscono e si potrebbe incrementare il lavoro dei fattorini, sperando che questa emergenza presto diventi solo un brutto ricordo".

Per il presidente di Confcommercio è necessario che "la politica, ad ogni livello legislativo ed amministrativo, e le banche adottino un piano economico straordinario, anche alla luce dell'apertura manifestata dalla presidente della commissione Ue, mettendo in campo tutte le risorse possibili e che siano di semplice applicazione e il più possibile a carattere automatico, implementabili in tempi rapidissimi, significative in termini di valore, finalizzate al sostegno sia dei lavoratori che delle imprese, prorogabili e rifinanziabili in funzione del perpetuarsi della crisi, cumulabili e compatibili con diversi e prossimi provvedimenti nazionali e comunitari".

(Unioneonline/D)
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