Cifre impressionanti. Di sicuro, fanno riflettere. "Colf e badanti, in Italia, sono più di due milioni, quasi il 60% è irregolare, 150mila addetti non hanno neppure il permesso di soggiorno". È un duro atto d'accusa dei sindacati del settore, ma anche un appello accorato. "Stiamo parlando - insistono i rappresentanti di categoria - per la maggior parte di donne e immigrate che rappresentano circa l'1,2% del Pil italiano e costituiscono la rete di welfare della famiglie ancora più indispensabili in questa fase della nostra società". Poi la sfida al Governo: "Come si fa a parlare di regolarizzazione senza avere una visione d'insieme?" La polemica è servita, insomma. E non si ferma qui, visto che il sindacato del settore (Filcams Cgil) affonda ulteriormente i colpi ricordando che in questo momento drammatico di pandemia "il maggior numero di contagi e di decessi si sono registrati all'interno delle case di cura e la gestione dell'assistenza in famiglia delle persone anziane oppure non autosufficienti consente alla Stato di risparmiare quasi dieci milioni di euro mentre la regolarizzazione dei lavoratori irregolari porterebbe alle casse statali altri due miliardi di euro. Anche in un periodo in cui il Paese lotta contro il coronavirus, il lavoro domestico e di cura è proseguito senza sosta ma l'attività, che pure è stata considerata essenziale dal Presidente del Consiglio, è stata dimenticata dal Decreto Italia che l'ha esclusa dal sostegno di reddito".

Sulla stessa linea ci sono i datori di lavoro che lanciano l'allarme sull'aumento dei licenziamenti a causa dell'emergenza coronavirus e chiedono al Governo di mettere in campo, appunto, un sostegno di reddito anche per colf e badanti come è avvenuto per gli altri lavoratori. Secondo Andrea Zini, vicepresidente della Fidaldo, l'associazione che tutela i datori di lavori domestici, nel mese di aprile i licenziamenti delle badanti e delle colf sono cresciuti del 30% e ha toccato il livello del 70% nei rapporti di lavoro con orari lunghi (oltre le 25 ore settimanali). "Per molte famiglie si è trattato di una scelta obbligata avendo esaurito tutte le misure tampone messe in atto per evitare la definitiva interruzione del rapporto di lavoro: sospensione extraferiale, utilizzo delle ferie e dei permessi non retribuiti. Per invertire la tendenza, che vede il settore maglia nera per lavoro irregolare, è necessario che il Governo capisca che non vi sarà emersione senza un sostegno alle famiglie e agevolazioni fiscali". Secondo Zini, il primo passo potrebbe essere compiuto con "l'introduzione della cassa integrazione in deroga anche per il lavoro domestico".

Un'altra ipotesi, messa sotto la lente d'ingrandimento dal Governo, potrebbe essere il "reddito d'emergenza" che porrebbe al riparo anche i lavoratori esclusi dagli altri ammortizzatori sociali. Se n'era parlato, del resto, fin dai primi giorni della crisi sanitaria e adesso sarebbe pronto a partire. Dovrebbe trattarsi, a detta della stessa Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro, di "una misura che possa durare nel tempo, erogata sulla base del nucleo familiare, con una base di partenza di 400 euro fino a un tetto massimo di 800 euro". E il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, ha specificato che la platea dei beneficiari "potrebbe essere di un milione di nuclei per un totale di quasi tre milioni di persone interessate". L'operazione dovrebbe essere definita e concretizzata nel prossimo decreto e si aggirerebbe "attorno ai tre miliardi" di investimento.

E alla domanda se le misure di sostegno riguarderanno anche i lavoratori irregolari, la Catalfo ha risposto che "il lavoro in nero non dovrebbe esistere, ma purtroppo è una piaga che c'è ed è chiaro che dobbiamo pensare anche a tutte quelle persone che per vari motivi si trovano in una situazione di estrema difficoltà". Per loro, appunto, ci sarà un reddito di emergenza. Perché l'obiettivo, a detta del Governo, resta quella di tutelare il posto di lavoro per tutti, seppure di fronte a un avversario devastante come il coronavirus. Anche per colf e badanti, ora con il fiato sospeso e il futuro a rischio nell'attesa che dalle parole si passi ai fatti.
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