La questione energetica è diventata di scottante attualità negli ultimi tempi, soprattutto per il nostro Paese. La guerra tra Russia e Ucraina e le possibili ripercussioni sulle forniture di gas russo all’Italia hanno già fatto schizzare verso l’alto le bollette. E il timore è che la situazione possa peggiorare con il prolungarsi del conflitto e l’aumento dei contrasti da Russia e Occidente.

Della questione energetica abbiamo allora deciso di parlare con un esperto, Matteo Ballarin, professionista che opera da più di vent’anni nel settore dell’energia e fondatore di Europe Energy, gruppo internazionale attivo nel mercato dell’elettricità e del gas.

A Ballarin chiediamo prima di tutto se le preoccupazioni sui problemi legati al settore energetico sono fondate oppure se c’è troppo allarmismo:

“A mio parere, ci si preoccupa delle questioni sbagliate. In questo momento si parla molto dei prezzi troppo alti delle bollette, si lega questo innalzamento dei costi alla Russia, considerata un soggetto non affidabile e da cui sciogliere ogni tipo di legame e di dipendenza. Peccato che non possiamo fare a meno del gas russo. Se la Russia dovesse chiudere il rubinetto delle forniture o noi facessimo la follia di rinunciare al gas russo, il problema non sarebbe di costi delle bollette. Semplicemente non avremmo più gas a sufficienza. Inoltre, difficile sperare su altri tipi di approvvigionamento. Gli Stati Uniti avevano promesso di esportare verso l’Ucraina il loro gas per compensare eventuali carenze di quello russo. Peccato che non l’abbiano fatto perché nel momento in cui esportano, il prezzo del loro gas sale e mette poi in difficoltà le aziende americane. Insomma, senza la Russia, dovremmo ricorrere al razionamento. E soluzioni semplici per sciogliere questa dipendenza non ve ne sono anche se leggo dichiarazioni che mi lasciano molto perplesso”.

Quali, per esempio?

“Si afferma che per non dipendere troppo dal gas russo bisogna fin da ora riempire fino al 90 per cento gli stoccaggi europei in vista del prossimo inverno. Peccato che per fare una operazione di questo tipo dobbiamo sempre ricorrere alla Russia. Perché dovrebbe venirci incontro?”.

Ma se non è colpa diretta della Russia, a chi dobbiamo addebitare gli aumenti del costo delle bollette energetiche?

“Intanto diciamo che non c’è carenza di gas. Stanno arrivando dalla Russia i quantitativi massimi degli ultimi mesi. Quindi il problema è legato principalmente alla speculazione che si è venuta a creare recentemente. Se guardiamo al gas scambiato, cioè venduto e comprato sui mercati finanziari, ci rendiamo conto che il volume degli scambi è aumentato di quattro volte da gennaio. Vi sono quindi fondi di investimento che stanno ‘drogando’ il prezzo del gas. Questo ha un peso sulle nostre bollette e mette in difficoltà tutta la nostra industria. I competitors delle nostre aziende negli Stati Uniti pagano il gas dieci volte meno che in Italia. Difficile quindi essere competitivi anche sul piano industriale”.

Possono servire a qualcosa gli interventi per contenere il prezzo dell’energia preannunciati dal governo?

“Sono palliativi. Si propone di tagliare l’Iva oppure di togliere alcune accise, solo che la coperta delle finanze italiane è molto corta. Si taglia da una parte per poi dover aggiungere da un’altra. Tolgo l’Iva e le accise, aumenta il debito pubblico e alla fine devo aumentare le tasse. Una soluzione si potrebbe trovare a livello europeo”.

Di che tipo?

“Introducendo un tetto massimo al prezzo del gas. In questo modo si spuntano le armi degli speculatori e probabilmente si ottiene anche una riduzione dei prezzi della materia prima. Abbiamo però la resistenza dei Paesi del nord Europa, che sono produttori di gas e con i prezzi alti guadagnano molto nella commercializzazione”.

Questo momento di difficoltà sul fronte dell’energia ci può portare a rivedere la nostra strategia energetica?

“Un piano per l’energia andava fatto trent’anni fa e progettato sul lungo periodo. Ora il rischio è di approntare un cambiamento sull’onda dell’emozione, dei problemi contingenti. Certo alcune iniziative potrebbero servire come aumentare i terminal di rigassificazione oppure raddoppiare il TAP, il Gasdotto Trans-Adriatico che dalla frontiera greco-turca attraversa Grecia e Albania per approdare in Puglia. Ricordiamo però che non è facile costruire infrastrutture in Italia. Per il TAP ci sono state proteste e manifestazioni perché bisognava eliminare delle distese di ulivi per farlo passare”.

Insomma, la questione energetica non è certamente di semplice e facile soluzione a quanto ci dice…

“Il problema di fondo è che non dovrebbe esistere un Paese moderno che dipenda per il 40 per cento del suo fabbisogno energetico da un’altra nazione. Invece esiste ed è l’Italia. È sbagliato da un punto di vista geopolitico e strategico. Se quello che viviamo oggi diventa l’occasione per cambiare questa situazione ben venga. Si dovrebbe, per esempio, spingere sull’Unione Europea perché riveda gli scopi del PNRR Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza a favore del settore energetico. In generale l’Unione Europea dovrebbe agire per rendersi il più possibile indipendente per quanto riguarda gli approvvigionamenti di energia. Se non lo fa l’UE, deve avere il coraggio di farlo l’Italia, magari compattandosi con quelle nazioni come Spagna e Grecia che hanno i suoi stessi problemi e le stesse necessità. L’obbiettivo deve essere limitare il più possibile la dipendenza verso l’esterno, ma bisogna farlo con oculatezza, sapendo che non siamo in una fase di crisi economica. Siamo nel pieno di una guerra e le ricadute sono quelle di una economia di guerra. Senza azioni importanti rischiamo molto come qualità della vita e benessere. Se invece si agisce in maniera oculata in due anni qualcosa di significativo si può fare per rivedere il nostro paradigma energetico”.

Cosa si potrebbe fare per esempio?

“Prima di tutto accettare che fare a meno totalmente della Russia sul breve periodo è follia. Però si può ridurre la sua importanza costruendo nuove tubature che portino in Europa, per esempio, il gas dei mega-giacimenti presenti in Egitto. Certo si tratta di opere infrastrutturali imponenti, che hanno dei costi. Ma se siamo in guerra le cose devono e possono essere fatte rapidamente, senza vincoli dettati dalla burocrazia o di altro tipo. In due anni e mezzo è stato realizzato in gasdotto dalla Siberia alla Germania…quindi non si tratta di un’impresa impossibile portare in Italia il gas egiziano in tempi accettabili”.

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