Nel 2000 a Copenhagen è stato creato un luogo molto originale: la Mennesketbibliotheke, letteralmente la “biblioteca umana”. Si presenta come una comune biblioteca con bibliotecari, scaffali, computer e schedari. Al suo interno non si prendono, però, in prestito libri, ma le esperienze di vita di chi è disposto a dialogare con il “lettore”. Quest’ultimo ha così la possibilità di immergersi in un “libro vivente”, incontrando donne e uomini in carne e ossa per una conversazione di trenta minuti. Per la scelta deve rifarsi a titoli che sono le etichette che la società solitamente tende ad affibbiare a persone sentite come diverse, estranee: "Il senzatetto”, “Il nudista”, “La donna islamica”, “La lesbica”. Scopo del progetto è superare i pregiudizi che la società ha nei confronti di alcune categorie umane. La biblioteca, infatti, vuole spingere i suoi “utenti” fuori dalla loro comfort zone, portandoli a incontrare la diversità e a superare diffidenza, xenofobia, razzismo e omofobia.

Prendendo spunto dalla realtà danese, che oggi ha sedi (consultabili anche in Internet) in oltre ottanta Paesi, la scrittrice Valentina Giuliani ha dato vita a una serie di racconti in cui s’immagina di dialogare con individui “etichettati” secondo i più classici stereotipi. Ne è nata la raccolta intitolata “La biblioteca umana” (Armando Dadò Editore, 2022, pp. 126) in cui è affascinante districarsi tra una moltitudine di vicende umane intime, toccanti, pedagogiche e anche poetiche.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

A Valentina Giuliani chiediamo allora cosa l’ha colpita tanto della biblioteca di Copenhagen da farne fonte di ispirazione per i suoi racconti:

«Nella biblioteca umana ho visto la possibilità di toccare temi importanti del nostro quotidiano in modo originale, utilizzando stili e registri linguistici diversi, spaziando tra più generi letterari: dalla lettera al rap, dalla poesia alla prosa, dal monologo al dialogo. Il tutto per dar voce a un’umanità complessa, non riducibile a etichette, come quelle volutamente rappresentate dai titoli dei diciassette racconti».

Il suo libro fa parte di un progetto letterario e anche educativo che lei porta avanti da anni. Ce ne vuole parlare?

«Certo. Nonostante si parli di biblioteca umana da più di vent’anni – la Mennesketbibliotheke di Copenhagen è stata creata nel 2000 a seguito di un grave episodio di violenza razzista – ho scoperto questa istituzione solo recentemente per un progetto di educazione alla cittadinanza condotto nella scuola dove insegno. La biblioteca umana è diventata un progetto letterario oltre che educativo in senso ampio, di impegno civile e di engagement. Assieme a Il Museo degli amori perduti (pubblicato nel 2021) e TranSiti (in uscita il prossimo anno per Armando Dadò) fa parte di una trilogia di racconti che ha come cornice un luogo reale, rielaborato e rivisitato. Nel primo libro si tratta del Museum of broken relationships di Zagabria e delle sue storie d’amore finite, rievocate tramite oggetti-simbolo, illustrati dall’artista Barbara Fässler. TranSiti prende spunto da un treno, l’ArTransit, in transito da Milano per Zurigo il 15 novembre 2014. Le storie si muovono lungo la linea di un viaggio immaginario: paesaggi e passaggi veloci fissati in fotografie e testi, tra ricordi, emozioni ed esperienze ordinarie e straordinarie».

Come sono nati i racconti di questo suo ultimo libro?

«Alcuni testi sono in parte autobiografici e si basano su esperienze di vita vissuta, altri sono testimonianze raccolte da interviste informali, altri ancora sono frutto di creatività e fantasia. Quelli maggiormente riusciti credo siano i racconti nei quali l’epilogo è inaspettato e rivoluziona completamente le attese generate dal titolo. Un processo questo che simula e interpreta lo svelamento dell’altro negli incontri vis a vis della biblioteca umana originale».

Non si rischia di essere saturi di temi come l'inclusività e l'uguaglianza?

«Nella mia biblioteca il tema non è l’uguaglianza o l’inclusività. Il focus è un approccio verso gli altri scevro da preconcetti e pregiudizi che limitano la nostra capacità di conoscere il mondo. E in quest’ottica mai sarà fatto abbastanza, se teniamo fede a ciò che diceva Einstein: ‘È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio».

C'è un racconto che le pare particolarmente adatto allo spirito dei tempi che viviamo?

«Un racconto divertente, che mette a nudo il nostro complesso rapporto con la tecnologia, è Il nerd. Ma è l’insieme dei racconti, che diventano un’unica, grande storia collettiva, a restituirci le molte facce di un tempo bizzarro e inquieto quale è il nostro».

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