Nuova puntata, a firma Pino Imperatore, nella saga di cui è protagonista l’ispettore Gianni Scapece del commissariato napoletano di Mergellina. E nuovo mistero da risolvere.

Il poliziotto nato dalla fantasia dello scrittore ha a che fare, in "Con tanto affetto ti ammazzerò", con un cadavere, come già successo nel precedente "Aglio, olio e assassino". E il giallo comincia subito con una serie di malori che colpiscono gli ospiti di una sfarzosa festa nella villa posillipina della baronessa Elena De Flavi. Cadono come birilli uomini e donne, prede di uno strano sonno.

Da capire quindi chi e perché ha organizzato il tutto e dove sono finiti la festeggiata e il suo maggiordomo Kiribaba. Tra i presenti ci sono Scapece e il suo superiore, il commissario Carlo Improta. Una coincidenza? Per scoprirlo, l’indagine non sarà semplice ma saranno d’aiuto i Vitiello, proprietari della trattoria Parthenope, quella dove Scapece è ormai di casa.

Una storia, quella creata da Imperatore, che si intreccia poi con la questione dell’eredità della nobildonna: i tre figli, al ritrovamento di un cadavere che sembra appartenere alla loro madre, si scannano per annoverare nei rispettivi patrimoni gli immobili (lussuosi), e il denaro (tanto) di famiglia.

Ma si sa, come dice il detto, "chi troppo vuole nulla stringe", e anche loro non saranno risparmiati dalla malasorte. Quella di cui Scapece e Improta sembrano aver paura anche quando fanno un riferimento alla Sardegna.

Senza svelare troppo, i colpi di scena non mancano. C’è chi muore, chi si fidanza, chi scopre verità scottanti, chi si rivela per quello che è. Si ride, amaramente a volte, ci si sorprende, si architettano teorie per poi tentare di verificarle: l'omicida sarà mica, come nei classici gialli, il maggiordomo?

Nato a Milano da genitori emigrati dalla Campania, Imperatore cresce in provincia di Napoli. "Da lettore ho sempre avuto una passione per i gialli, soprattutto per i grandi classici, racconta. "E questo libro, come anche i precedenti, nasce dalla voglia di associare lo stile e il linguaggio poliziesco a una vena umoristica".

Altre novità?

"Il fatto che i poliziotti non agiscano da soli ma siano affiancati dai civili, in questo caso dalla famiglia Vitiello. A Napoli questo succede spesso, una città in cui non c'è privacy, diciamo così. Tutti devono sapere tutto, devono dire la loro su ogni questione, personaggio, tematica. Ho riportato nient'altro che quello che vivo ogni giorno, facendo nascere un po' alla volta una sorta di squadra anomala".

L'ispettore Scapece esiste, come dicono in molti, o è tutto frutto della sua fantasia?

"Esiste, esiste. È a Napoli ma non posso dire altro. È sposato, ha figli, so che ha capito che è stato lui la mia fonte di ispirazione, l'ha presa bene. Scapece ha tutte le caratteristiche di tanti tipi partenopei: un bel ragazzo, corpo atletico, sguardo interessante, battuta pronta - che non è luogo comune ma realtà -, capacità di intuizione, insomma un 40enne contemporaneo".

C’è un messaggio "buonista" nel suo giallo?

"C'è ma non sempre. Quando in altri libri non l'ho inserito sono stato attaccato dai miei stessi lettori. Per esempio è stato molto difficile per me raccontare di una ragazzina ferita durante un agguato di camorra. Episodio che poi è accaduto davvero poco dopo al rione Sanità. Si può scherzare, si può ridere, ma questo resta un fenomeno violento che procura danni notevoli. I miei due poliziotti vivono delle difficoltà perché i cattivi vengono sì svelati ma a costo di lasciare una scia di sangue e vittime per strada. In 'Con tanto affetto ti ammazzerò' c'è una vendetta capovolta che porta alla distruzione di un'intera famiglia. Insomma racconto il bene e il male ma, ovviamente, sono a favore del primo".

I soldi e la brama di "possedere" sono due elementi che tornano in tutta la trama. Siamo tutti un po’ così?

"Non tutti, c'è chi con intelligenza capisce che i soldi non fanno la felicità e tiene sotto controllo le sue azioni, spesso però chi ha molti soldi ne vorrebbe sempre di più e vive in modo infelice. Sono situazioni che si registrano anche nell'alta borghesia".

Scapece e Improta parlano tra loro della possibilità di finire nei guai per metodi non troppo ortodossi e si dicono: "verremo trasferiti in qualche paesino della Barbagia". Cos’ha contro la Barbagia?

"Assolutamente niente, ci tengo a chiarire che è stato solo un modo per dire 'verremo trasferiti in un posto lontano da casa, diverso da quello in cui viviamo, lontano dagli affetti, dalle tradizioni napoletane e dal folklore'".

Conosce la Sardegna?

"Io amo la Sardegna, ci sono stato in vacanza. Ho incontrato persone incredibili che mi hanno riservato un'accoglienza non scontata e spontanea. Avete luoghi meravigliosi".

Perché non ci manda davvero Scapece?

"Chissà, forse nelle prossime avventure...".

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