Anno 2055: la mancanza di acqua assilla la Terra e per gli uomini la prosperità è solo un ricordo. Le poche fonti sotterranee rimaste sono sotto controllo militare, mentre l’acqua piovana viene venduta al mercato nero. È quello che accade a Byzan, la megalopoli fatiscente dove vivono Edward e Alma. Si sono incontrati per caso, quando lei tirava a campare per strada e lui stava ancora con il nonno venuto dall’Africa, e presto si sono persi. Quando si ritrovano, tempo dopo, lei ha ventun anni e lui diciassette: niente li accomuna, tranne una voce che parla loro in sogno. È quella di Rubedo, incarnazione di Oltre, un misterioso altrove che li invita a partire insieme. Devono cercare la piccola Luna, che abita in una comunità isolata, per poi andare tutti insieme alla scoperta della sorgente che ridarà vita alla Terra. Comincia così “Sete. La ricerca della sorgente” (Rizzoli, 2023, pp. 247, anche e-book) romanzo per giovani (ma non solo) in cui si intrecciano avventura, racconto di formazione e riflessione sul significato profondo di cosa significhi essere umani. Sete è, infatti, l’avventura di tre ragazzi che imparano a conoscersi, lo sguardo lucido su un mondo in cui la ricchezza tecnologica non può compensare la bellezza di tutto quello che è andato perduto e al tempo stesso un’esplorazione interiore nel più profondo di sè stessi.

A Sara Loffredi chiediamo prima di tutto quale significato dare alla sete che dà il titolo al romanzo:

«La parola sete ha significato su due livelli. Sul piano fisico, mi interessava raccontare la storia di una carenza, di una mancanza. La storia di qualcosa che non hai, non hai più e che cerchi. L’acqua è quel qualcosa che assieme all’aria contribuisce maggiormente alla vita e mi intrigava che i miei personaggi si muovessero in un mondo in cui questa sostanza vitale è quasi scomparsa».

Questo è il primo livello. E il secondo?

«A fianco a questo livello ‘fisico’, concreto, di racconto e di avventura, ce n’è uno più simbolico. I miei protagonisti cercano una sorgente, ma prima di tutto devono trovare dentro loro stessi gli strumenti per cercarla. Per me le cose nascono prima dentro di noi e poi si realizzano al di fuori di noi. Anche in un mondo apocalittico come quello del 2055, in cui non c’è più l’acqua, non basta mettersi in viaggio per trovare questa sostanza vitale. Bisogna prima trovare dentro sé stessi gli strumenti che ti metteranno in grado di fare quel viaggio».

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Che tipo di viaggio affrontano i nostri protagonisti?

«In questo mio libro faccio volutamente un omaggio a Cormac McCarthy e al suo romanzo La strada. Un libro fondamentale per me perché racconta di un mondo dove non c’è più nulla di umano… eppure i protagonisti riescono a rimanere umani. È un libro su come si può rimanere umani quando tutto attorno a te è disumano. Quello che volevo è che i miei protagonisti durante il viaggio tenessero le loro parti umane protette da tutto ciò che si trova loro attorno. I protagonisti vivono in un mondo dove tutto sembra volgere alla fine. Perché dovrebbero comportarsi secondo coscienza? Perché dovrebbero mostrare umanità? Tocca allora fare delle scelte e nel libro è soprattutto Alma a farle».

Che cosa rappresenta Alma?

«Alma è il personaggio che più di tutti compie un viaggio dentro sé stessa nel libro. Dentro di lei ci sono due parti: è mendicante e anche imperatrice. La parte di mendicante è quella che chiede, la parte di imperatrice è quella che ha in sé tutto quello che serve e può quindi permettersi di dare agli altri. Tutti noi abbiamo dentro queste due parti e Alma durante il viaggio le coltiva, le fa maturare dentro di sé e riesce alla fine a rimanere umana. Quando incontra il popolo degli Elohi e scopre che essi hanno l’acqua, rifiuta di averla alle loro condizioni. Rifiuta di averla abbandonando il resto dell’umanità alla sete. Agisce da imperatrice convinta che troverà altra acqua, da sola».

Anche in un 2055 privo di acqua c’è quindi spazio non solo per l’umanità, ma anche per la speranza?

«Si, c’è sempre spazio per la speranza. Anche le cose peggiori e ineluttabili, viste poi, possono assumere un significato diverso. C’è speranza perché c’è evoluzione. Nella vita si impara evolvendo. Se si è fermi è come essere morti».

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