Non è un mistero che la bellezza (femminile, ça va sans dire) sia considerata un valore nella società odierna, tutta costruita intorno all’immagine. Valore che quantifica la desiderabilità di una donna e definisce il suo posto nel mondo, nel lavoro, nelle relazioni. Bellezza come virtù, dunque, e bruttezza come condanna eterna.

Giulia Blasi, scrittrice e giornalista friulana, nel suo nuovo libro “Brutta. Storia di un corpo come tanti” (in tutte le librerie dalla scorsa settimana per Rizzoli) rivendica con determinazione il diritto di ogni donna a non sentirsi in difetto per il proprio aspetto fisico, qualunque esso sia, e la libertà di utilizzare un termine che l’autrice stessa definisce “l’ultimo tabù”: brutta, per l’appunto.

Lettura intima

Il suo non è uno sguardo che dall’alto vuole insegnare o spiegare qualcosa alle altre donne, magari partendo da concetti applicabili a chiunque. Blasi sceglie di affrontare la questione con una chiave di lettura intima, soggettiva e complessa: il rapporto con il proprio corpo e la percezione che di esso ha avuto (e che per certi versi ancora ha) nelle tappe fondamentali del suo percorso personale.

Sedici saggi

Attraverso sedici saggi brevi scritti “per essere letti ad alta voce”, Giulia Blasi scandaglia il proprio vissuto con un occhio che non le appartiene ma che, in qualche modo, fa parte di lei da sempre: «A pezzi mi sono guardata e mi guardo anche adesso, pur essendo capace di riconoscere in quello sguardo l’impianto di un occhio che non è il mio, lo stesso che viene installato in tutte le femmine fin dalla più tenera età e con il quale costruiamo un rapporto di codipendenza che ci accompagna per tutta la vita». Uno sguardo giudicante, figlio del maschilismo, che seziona l’aspetto esteriore alla ricerca di un qualunque difetto da debellare o da limare per fuggire la bruttezza e quindi l’indesiderabilità, come se le due cose fossero irrimediabilmente collegate. Questo fenomeno riguarda solo le donne perché, come fa notare la scrittrice, «un uomo ha il permesso di essere brutto. Di essere calvo, grasso, con gli occhi a palla, il naso prominente. La bruttezza non ha mai impedito a un uomo di occupare spazio nel mondo». Le donne no, non possono essere brutte senza che qualcuno glielo faccia pesare con uno sguardo, un commento, un atteggiamento.

Analisi ironica

L’analisi sincera, ironica, a tratti pungente, che Giulia Blasi fa delle proprie caratteristiche fisiche, delle trasformazioni del suo corpo, ma soprattutto di come le ha vissute e percepite negli anni, è riferita a sé, ma non mancano considerazioni più generali su quanto le etichette affibbiate al corpo femminile siano dominanti e pervasive, come nei saggi, per citarne alcuni, “Una donna da mangiare” o “Qualcuna era femminista” contenuti nella raccolta. Riflessioni necessarie su atteggiamenti tanto comuni da passare quasi inosservati, che mostrano quanto il giudizio estetico incomba sulla vita delle donne e incida sulle loro scelte. Giudizio che innesca, peraltro, tanti automatismi tra cui l’habitual body monitoring, un’analisi costante (e spietata) del proprio corpo alla ricerca di quelli che la società considera difetti.

Occupare spazi

Cosa fare, dunque? “Brutta. Storia di un corpo come tanti” un suggerimento ce lo dà: «Occupare spazio in pubblico da brutte, sentendosi brutte, sapendosi brutte e fottendosene altamente, quello è l’obiettivo. In un mondo che ci chiede di farci piccole, di non disturbare, allargarsi e dilagare, tracimare e prendere spazio, alzare la voce e fare rumore. «Brutta”, e quindi? Oggi sono brutta, domani sono bella, non ha importanza. Quello che importa è che sono qui, esisto, e non ho nessuna intenzione di sparire».

Perché il femminismo è (anche) questo: libertà e autodeterminazione, a prescindere dal corpo che abitiamo.

Alessandra Ghiani

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L’autrice lunedì nel nostro salotto social: Unione Cult, nato durante la pandemia dall’esigenza di aprire uno spazio culturale sui nostri social, riparte lunedì 4 ottobre alle 20 (Facebook e unionesarda.it) proprio con Giulia Blasi.

Replica martedì alle 12 su Instagram.

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