Una straordinaria collezione, anzi una vera biblioteca della cultura sarda: Salvatore Monni, 67 anni di Burcei, ex emigrato in Piemonte, con residenza nuovamente nel "paese delle ciliege", in 40 anni ha realizzato un capolavoro raccogliendo fra le piazze e le sagre della Sardegna migliaia di libretti e di registrazioni di poesia sarda.

Una scrigno forse unico, di straordinario interesse culturale e anche storico. Quei libretti e quelle registrazioni raccontano le tappe del canto improvvisato campidanese dagli anni Cinquanta sino ai giorni nostri. I protagonisti infatti non sono soltanto i poeti ma anche gli ascoltatori, critici e attenti nel registrare o trascrivere le gare poetiche che già dalla fine del 1700, in forme diverse, erano tra gli eventi più importanti che caratterizzano le feste paesane religiose e non sono nell'Isola. Accanto alla sua collezione, Salvatore Monni, padre del sindaco di Burcei, Simone Monni, racconta la sua straordinaria storia col canto sardo.

Come è nata questa passione?

«La passione mi è stata tramandata da mio padre. Io ho cercato di trasmetterla ai miei figli Simone e Severino che oggi fanno parte della rosa dei poeti improvvisatori campidanesi che si esibiscono sui palchi della Sardegna».

Come ha creato la sua collezione?

«Ho cominciato con poche audiocassette, girando tra le piazze della Sardegna per più di 40 anni. Oggi ho una collezione di circa 3500 registrazioni.».

Dai primi anni ’80 è stato un tour fra le sagre paesane?

«La passione era talmente forte che da giovane passavo l'estate tra lavoro, famiglia e cantadoris dormendo pochissime ore pur di non perdere l’occasione di essere presente, ascoltando ‘’is cantadas’’ . Fortunatamente mia moglie Marisa mi ha sempre seguito e lo fa tutt’ora anche se a causa dei miei numerosi guai di salute, diventa tutto un po’ più difficile».

Salvatore ha un fitta rete di amici appassionati con cui condivide registrazioni e libretti: fra questi Efisio Pili di Quartucciu, Felice Melis di Selargius e tanti altri.  Un modo di contribuire a salvare che questo straordinario patrimonio culturale, non vada perduto. Quali sono stati i più grandi “cantadoris” ?

«Il più grande di tutti i tempi, è stato a mio parere Tziu Fieli Urrur di Burcei,  al pari di  Efisio Loni, Francesco Farci e Francesco Loddo. Tutti grandissimi. Urru è stato anche maestro di due dei migliori poeti improvvisatori di oggi,  Antonio Pani di Quartu Sant’Elena e Eliseo Vargiu di Quartucciu».

Cosa ne pensa del futuro della poesia improvvisata campidanese?

«Il futuro è nelle mani dei giovani sia sul palco che all’ascolto. Ci sono numerosi giovani cantadoris talentuosi di ultima generazione. Come i miei figli Simone e Severino. Penso a Luigi Zuncheddu, Luca Pinna e Matteo Frau. Tutti talenti che fanno ben sperare per il futuro. Sono sicuro che saranno in grado di risollevare le sorti di questa grande tradizione e creare il fascino e l’interesse necessario affinché altri giovani si avvicinino a cantare e ad ascoltare. Io finché potrò non mi perderò nessuna cantada. La nuova stagione sta per iniziare, il mio lettore mp3 e il mio registratore ad audiocassette sono già pronti».

E mentre racconta, Salvatore Monni accarezza la sua infinita biblioteca. La tiene cara come un figlio.

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