C’è freddo. La giornata è nuvolosa. Il calendario italo-israeliano segna settembre. Gli ultimi giorni del mese. L’anno è il 1995. L’ora è tarda, dieci minuti prima delle dieci di notte. Il Dc 9 dell’Alitalia arriva nello scalo di Elmas da Roma, ma il passeggero a bordo ha iniziato il volo dal profondo Mediterraneo orientale. Il decollo è da Tel Aviv, capitale di Israele. Quel signore di mezza età, tratti somatici di Aronne, il biblico fratello di Mosè e primo sommo sacerdote del popolo ebraico, sbarca come un profugo in terra sarda. Racconta in presa diretta: «Ero l'unico israeliano tra i novanta passeggeri. Quando atterro nel piccolo aeroporto di Cagliari, la capitale della Sardegna, non avevo ancora prenotato una camera d'albergo. Non avevo idea di dove mi avrebbe portato quest'avventura, mentre osservavo il litorale della Sardegna meridionale diviso dalla luce calante».

La via degli Shardana

Sapeva quel che cercava nella terra dei Nuraghi, immaginava scenari, traguardava orizzonti ideali, ma non aveva nemmeno la più pallida idea da dove iniziare. La filosofia che lo anima è quella dell’avventura, lo spirito è quello del cercatore d’oro del Klondike fattosi archeologo. È lui stesso a raccontarlo: «Le scoperte archeologiche, come le scoperte in generale possono prendere strade diverse. A volte le cose diventano chiare in un lampo, rapidamente, tutte insieme. La maggior parte delle scoperte, invece, si cristallizza lentamente, man mano che i piccoli fatti si accumulano. Così è stato nel nostro caso». Lui, Adam Zertal, il numero uno degli archeologi della Terra promessa, si era fissato che gli antichi popoli della Sardegna, gli Shardana, avessero lasciato il segno su quel lembo di terra da sempre funestato da guerre infinite e perenni.

Nuragici nel deserto

L’idea gli rimbalzava da tempo per l’anticamera del cervello, almeno da quando iniziarono a riemergere i resti dell’antico villaggio di El-Ahwat, nella 'Valle del Ferro', a nord di Israele, a due passi da Tel Aviv, verso il confine con il Libano. I passi nei labirinti della storia sono felpati, ma quei massi schierati uno sopra l’altro, in senso circolare, lui, nelle terre pre-desertiche sul confine della Cis Giordania non li aveva mai visti. E non ne fa mistero: «La nostra storia inizia con l'indagine archeologica che con la mia equipe abbiamo condotto ininterrottamente sin dagli anni Settanta. Durante la nostra faticosa, ma soddisfacente passeggiata sistematica attraverso la Terra, abbiamo scoperto un sito, El-Ahwat, nella 'Valle del Ferro', posizionato al centro della nostra storia». Lo sguardo è rivolto a quella ricerca: «Negli ultimi quindici anni – racconta Zertal nel suo diario - abbiamo dedicato un enorme sforzo e molto tempo alla comprensione di ciò che abbiamo trovato esattamente in quel sito. Abbiamo preso in considerazione i fatti archeologici, storici e geografici e abbiamo cercato di combinarli con nuove informazioni, ma non siamo ancora riusciti a trovare un sito simile a questo, né in Israele né in tutto il Medio Oriente».

Il mistero, la scoperta

Il mistero non è dietro l’angolo: «Dopo due intere stagioni di scavo nel sito è emersa la possibilità che coloro che lo costruirono provenissero da un altro luogo. Il collegamento con la Sardegna è emerso dopo una ricerca della letteratura archeologica, quando abbiamo visto le somiglianze tra l'architettura di El-Ahwat e quelle delle antiche culture del Mediterraneo occidentale».

L’avventura sarda

Il racconto negli appunti israeliani di Adam Zertal suffraga il viaggio nell’ignoto: «Quando, quella sera di settembre a Cagliari, mi recai in taxi dall'aeroporto alla città e trovai una stanza all'Hotel Italia in pieno centro, percepii l'inizio di una nuova avventura. Sono arrivato in Sardegna senza conoscere una sola persona sull'isola. Sono arrivato in bianco, senza sapere cosa avrei trovato. Non sapevo quasi nulla dell'isola. Sono venuto a causa di alcuni schizzi che ho visto nella letteratura archeologica della Sardegna, che sembravano così simili a ciò che avevamo trovato a El-Ahwat che ho immaginato, che tutti noi abbiamo immaginato, che la fonte di questa cultura fosse in questa isola lontana». Era stato il mistero di El-Ahwat a spingerlo sino alla non vicina Isola di Sardegna. «Originariamente lo scavo di El-Ahwat – racconta nei suoi quaderni l’archeologo scomparso 8 anni fa - doveva portare alla luce un sito israelita dell'Età del Ferro, per esaminare il processo storico dell'insediamento israelita. Ma i ritrovamenti del sito sono stati confusi e hanno portato a una direzione diversa, e qui è iniziato il mistero. Era necessario confrontare la città di el-Ahwat con altre città per capirne il periodo e il carattere».

Confronto sardo-israeliano

L’incontro con Giovanni Ugas, il professore-archeologo, erede riconosciuto del Sardus Pater Giovanni Lilliu, squarcio il buio del mistero. «Solo dopo aver conosciuto l'antica cultura della Sardegna, l'idea guida si è cristallizzata. Durante la mia prima visita all'isola, nel 1995, il professor Ugas mi portò a visitare il "pozzo sacro di Santa Vittoria", nella parte occidentale dell'isola. Il pozzo, scavato a dieci o più metri di profondità per raggiungere le acque sotterranee, era anch'esso circondato da un muro circolare. Si scendeva al livello dell'acqua per mezzo di un corridoio in pendenza con scale. Sia i corridoi che le scale erano costruiti con pietre sbozzate e levigate, una caratteristica comune dei "pozzi sacri". Dobbiamo notare le conoscenze idrologiche del popolo sardo, poiché tutti i "pozzi sacri" erano scavati e raggiungevano le acque sotterranee. Da ciò si evince che la loro gente conosceva le fonti d'acqua sotterranee e sapeva come raggiungerle. La grande somiglianza, sia per forma che per dimensioni, tra la nostra "piazza rotonda" e le piazze dei "pozzi sacri", ha fatto ipotizzare che forse la nostra fosse una specie di "pozzo sacro"».

Terra Promessa

Quello fu solo l’inizio di quel filo Sardo-Israeliano che ha portato successivamente a riscrivere scenari e identità dei popoli del mare. Giovanni Ugas e Adam Zertal, il sardo e l’israeliano, da quel momento hanno cominciato ad intrecciare dati, analisi, datazioni e caratteristiche dei siti. Sino allo scavo congiunto tra le Università di Cagliari e quella israeliana nel sito di El Ahwat in Israele, dando concretezza alla presenza degli Shardana, da molti studi ritenuti il popolo del mare della Sardegna, nell'Oriente mediterraneo. Ed è stata quella ricostruzione meticolosa che portò Ugas e Zertal a «supporre che gli Shardana si fossero stanziati in un’area relativamente vasta i cui confini correvano tra Abu Awam e Sidone o forse Biblo lungo le coste e, in parallelo, all’interno lungo il Giordano, dall’agro di Hazor o di Dan sino a Sartan». Le attuali terre ai confini della CisGiordania, con a sud le terre della Palestina e a nord quelle del Libano.

Il ruolo dei Sardi in Israele

E proprio sulle analisi compiute da Giovanni Ugas e Adam Zertal che si ricostruisce il ruolo e la presenza dei Sardi-Shardana nelle terre dell’attuale conflitto israeliano-palestinese, nel cuore della Terra Promessa. E’ il professor Ugas che sintetizza: «La gran parte degli studiosi ritiene che vi sia una relazione tra gli Shardana e la Sardegna, ma per lo più sostiene che essi giunsero nell’isola dopo gli scontri con Ramesse III. Tuttavia ciò non è possibile perché, mentre si svolgeva la civiltà nuragica dal XVI al X a.C., in Sardegna non avvennero mutamenti politici e sociali così radicali da far pensare all’arrivo di un’altra popolazione. Viceversa, molte ragioni inducono a prospettare la rotta inversa percorsa da Ovest a Est e a identificare gli Shardana con i Sardi. Esattamente come le Isole nel cuore del Verde Grande, la Sardegna è immersa in mezzo al Mediterraneo, possiede grandi quantità d’argento e altri importanti minerali. L’isola era celebrata dagli antichi Greci non solo per la sua bellezza e il suo clima, ma anche per la ricchezza di bestiame, i prodotti agricoli e dunque era capace di mantenere una notevole popolazione».

La conclusione dei due archeologi è straordinaria: nell’area del Vicino Oriente in cui è presumibile che si fossero stanziati gli Shardana, sono emersi nell’architettura delle fortificazioni e dell’idraulica, nei manufatti mobili, segni non trascurabili della presenza dei Sardi nel Vicino Oriente prima e dopo le invasioni dei Popoli del Mare. El Ahwat, dunque, terra di Sardegna nel cuore del conflitto.

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