Grazia Deledda recensita in una rivista risalente al Terzo Reich, in un pezzo nel quale il Veneto della “sua” coraggiosa Annalena Bilsini veniva “arianizzato” diventando “terra germanica del Po”.

Il breve articolo proviene da “Die Woche” (la settimana), pubblicato nella Germania del periodo nazista, e più precisamente nel numero del 30 gennaio 1943, che in copertina ricalca quanto quella sia una settimana ben importante, in quanto decennale dell’ascesa al potere del nazionalsocialismo in terra tedesca.

Recentemente, l’archivio storico dell’Associazione Memoriale Sardo della Shoah è venuto in possesso di un nuovo lotto di riviste d’epoca nazifascista, tra le quali troneggiava, con la sua copertina raffigurante una statua di un eroe greco-romano dal fisico possente e imbracciante una spada e la bandiera con la croce uncinata, il numero di questa rivista.

Incredibile la sorpresa nel trovare nella seconda pagina una colonna e mezza dal titolo “Grazia Deledda”, circondata da articoli e vignette di denigrazione nei confronti del presidente americano Roosevelt, o da barzellette sulle “tasche vuote” di loschi figuri in smoking che sotto al cilindro hanno una faccia con tratti somatici tipici della peggior propaganda antisemita di altri giornali tedeschi del momento quali lo “Sturmer”, e affiancata, nella pagina terza del giornale, da una enorme fotografia di Adolf Hitler in un articolo che esordisce con le parole “la Fede della Germania: Adolf Hitler”.

Il piccolo pezzo in questione riporta la notizia dell’imminente pubblicazione in Germania del romanzo “Annalena Bilsini”, pubblicato in Italia dalla Deledda nel 1927.

“Nel numero precedente – si legge nella rivista – abbiamo concluso con la ristampa del romanzo Annalena Bilsini di Grazia Deledda, che presto uscirà anche come libro. Non è consuetudine dare una spiegazione a un annuncio del genere, che dovrebbe parlare da solo, ed è per questo che ci siamo astenuti dal raccontare ai nostri lettori qualcosa che potrebbe interessarli ora: ovvero il romanzo sulla famiglia Bilsini opera postuma della scrittrice italiana morta nel 1937. L'audacia delle singole scene può sembrare un po' troppo audace per lei, quindi ha accumulato la storia particolarmente vivace e avvincente nella sua scrivania. Tra l'altro, sulla rivista europaische literature compare per caso un articolo dell'importante scrittore e consulente d'arte italiano Emilio Cecchi che, insieme a Pirandello, ritrae Deledda come una figura nel passaggio dal naturalismo alla prosa artistica italiana di oggi. La freschissima rappresentazione delle situazioni appassionate-drammatiche e dei forti contrasti, che cita come le ragioni principali del successo mondiale della Deledda, deliziano anche questo romanzo di proprietà, che occupa già una posizione speciale nell'intera opera della scrittrice quando non, come la maggior parte delle sue altre storie, si svolge in Sardegna, ma nella terra germanica intorno al Po”.

Salta agli occhi la parte finale di questa recensione, quando si passa dal citare Emilio Cecchi - che nel 1941 scrisse che “Ciò che la Deledda poté trarre dalla vita della provincia sarda, non s'improntò in lei di naturalismo e di verismo... Sia i motivi e gli intrecci, sia il materiale linguistico, in lei presero subito di lirico e di fiabesco...” (“Introduzione” in “Grazia Deledda, racconti e opere”. Mondadori, 1941) – al dire che quest’opera dovrebbe stare in una posizione speciale nell’opera della scrittrice in quanto ambientato nelle “terre germaniche” intorno al Po.

Leggendo queste parole, un profondo conoscitore della storia di Grazia Deledda, nonché delle vicende della principale casa editrice con cui venne pubblicata ogni sua opera fino al 1938, non può che restare sorpreso.

Forse non in molti lo ricordano, ma Grazia Deledda veniva pubblicata dalla casa editrice “Fratelli Treves”. Questa casa editrice, fondata da Emilio Treves a Milano nel 1861, si era distinta, dal XIX secolo e fino a metà anni ’30 per la sua specializzazione nella pubblicazione di letteratura impegnata, e di libri di letteratura scolastica. Per fare solo un esempio, il “Cuore” di De Amicis era pubblicato dai Treves, come lo erano i libri di Verga, le poesie di D’Annunzio e i libri di Dostovieskij.

Una casa editrice importante, che cessò la sua storia nel 1938, un anno dopo la morte di Grazia Deledda, con l’avvento della legislazione antisemita del regime fascista, quando l’imprenditore di Forlì Aldo Garzanti rilevò tutta l’azienda, cambiandone il nome nel 1939.

Le prime edizioni dei testi di questa nostra grande scrittrice, quindi, si “intrecciano” in modo indelebile con la triste storia dell’antisemitismo italiano e delle persecuzioni da parte del fascismo.

Deledda, morta a Roma nel 1937, non si sarebbe certo mai immaginata di assistere al triste spettacolo della morte della casa editrice che l’aveva pubblicata, nonché di vedersi recensita in una rivista pubblicata nella Germania del Terzo Reich in un pezzo nel quale il Veneto della “sua” coraggiosa Annalena Bilsini, viene “arianizzato” diventando “terra germanica del Po”, e il suo romanzo preso ad esempio perché non ambientato, come quasi tutte le precedenti e successive opere, in Sardegna, ma in quella che la propaganda hitleriana finiva col definire “Germanisch angeregten lande un dem Po”.

Un documento prezioso, tanto più in questi giorni in cui si celebrano i 150 anni dalla nascita di Grazia Deledda.

Alessandro Matta

(direttore Associazione Memoriale Sardo della Shoah)

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