Domenica 3 gennaio del 1954. Si accendono le telecamere e la Rai comincia a trasmettere le prime trasmissioni regolari della televisione italiana. Quelle prima immagini, in bianco e nero e molto sgranate per i canoni odierni, sono viste da ben poche persone. Un apparecchio televisivo costa cinque volte lo stipendio mensile di un operaio e sono solo 24 mila gli abbonati alla Tv sul territorio nazionale.

Eppure, quel 3 gennaio del 1954 segna una data storica perché la televisione nel giro di pochi anni rivoluzionerà i costumi e le abitudini degli italiani. A raccontarci quella che fu a tutti gli effetti una rivoluzione è l’agile volumetto L’occhio magico (Graphe.it, 2023, pp. 108), una breve storia della Tv italiana firmata dal giornalista televisivo Aldo Dalla Vecchia.

Nell’Italia del boom economico degli anni Cinquanta del Novecento la televisione divenne ben presto un vero e proprio status symbol, un po’ come oggi l’ultimo modello di smartphone o di Iphone. Non tutti però potevano permettersi un apparecchio televisivo per cui ci si riuniva nelle case di chi lo possedeva o si andava a vedere i programmi di maggior successo nei bar che si erano rapidamente dotati di televisore per non perdere clienti. In brevissimo tempo la Tv divenne il nuovo focolare domestico attorno al quale ogni sera le famiglie italiane si riunivano. Nonostante il costo dell’apparecchio e dell’abbonamento Tv già nel 1958 erano in circolazione un milione di televisori destinati a diventare cinque milioni nel 1964.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Era, quella delle origini, Tv dei primi divi come Mike Bongiorno, Enzo Tortora, Mario Riva e di programmi capaci di riunire l’Italia come il quiz “Lascia o raddoppia?”. Era una televisione totalmente in bianco e nero, controllata in regime di monopolio dal governo e che doveva in un certo senso educare gli italiani, non solo divertirli. Soprattutto non doveva distrarli troppo dai loro doveri. Così fino alla fine del 1961 esisteva un solo canale, che trasmetteva solo per alcune ore al giorno. Una delle caratteristiche di questa “prima” televisione italiana fu, inoltre, la sua funzione pedagogica: in un paese dove si stimava che vi fosse ancora un 13% di analfabeti, le trasmissioni televisive, anche il quiz a premi Lascia o raddoppia? condotto da Mike Buongiorno (che raggiunse punte di ascolto di oltre 20 milioni di persone), ebbero il compito di insegnare l’italiano e di elevare il livello di cultura generale.

Allo stesso tempo la Tv divenne specchio del Paese, una sorta di monitor in cui osservarne i cambiamenti. Attraverso il piccolo schermo transitarono e insieme si costruirono la politica, la prospettiva sociale ed economica, gli scandali giudiziari e i gusti musicali; in altre parole, i sogni (e gli incubi) degli italiani a cavallo del secolo.

La capacità del mezzo televisivo di esercitare una funzione di controllo e di orientamento dell’opinione pubblica apparve talmente incisiva che alla televisione venne attribuito l’appellativo di “quinto potere”: quinto rispetto ai tre poteri tradizionali dello Stato (legislativo, esecutivo e giudiziario) e al quarto, la stampa.

Già nel saggio Giovani del 1979, anche lo psichiatra e scrittore Vittorino Andreoli evidenziò il grande impatto esercitato dalla TV sulle persone grazie alla forza delle immagini. «Il televisore è un terremoto cognitivo: riguarda, cioè, i processi di apprendimento, il sapere. Sono convinto che ha decretato la fine della razionalità e del pensiero logico-verbale, mutando persino l’uso del linguaggio parlato e scritto: la fine delle parole o il loro ritorno a un puro suono, senza significato. Il televisore ha inondato di immagini la mente di ciascuno. Rispetto alle parole hanno una propria elaborazione cerebrale. [...] Le immagini stanno dominando sull’attività verbale che perde di significato». Parole che suonano più che profetiche quasi cinquant’anni dopo.

© Riproduzione riservata