Si parla molto in questi tempi di crisi della democrazia, di un ritorno a un autoritarismo e a una personalizzazione della politica che sembravano appartenere al passato novecentesco. Si assiste a una rinascita dell’antisemitismo e a rigurgiti neonazisti con formazioni che si rifanno all’ideologia hitleriana, presenti anche nei parlamenti di nazioni europee come accade in Grecia e anche in Germania.

Insomma, gli antichi dicevano che la storia è maestra di vita ma visto come vanno le cose c’è da dubitare che si possa imparare dagli errori ed orrori del passato. Non per questo non bisogna provare ad aiutare, soprattutto le nuove generazioni, le più esposte ai miti della forza e della sopraffazione, a capire fino in fondo cosa è stata l’ideologia nazista. Di fronte alle aberrazioni compiute dai nazisti prima e durante la Seconda guerra mondiale sono sempre scattate, come in automatico, alcune domande. In primo luogo, ci si chiede come un uomo, Adolf Hitler, abbia potuto dominare le menti e le coscienze di decine di milioni di tedeschi. La seconda riguarda come sia stato possibile che emergesse un movimento politico la cui unica ragion d’essere era l’odio portato alle sue estreme conseguenze.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Nel saggio La mente nazi (Bompiani, 2025, pp. 512, anche e-book) Laurence Rees, tra i massimi esperti mondiali della Seconda guerra mondiale, indaga su questi e altri interrogativi legati alla vicenda nazista partendo da una prospettiva originale, che mescola con lucidità la storia e la psicologia più avanzata. Grazie a questi strumenti ci propone un’indagine approfondita, rivelatrice, che prova a rispondere alla domanda più angosciante e attuale di tutte: potrebbe accadere di nuovo? O meglio, sta già accadendo da qualche parte, e perché? Attraverso testimonianze inedite di ex nazisti e di cittadini cresciuti nel cuore del Terzo Reich, Rees ci guida in un viaggio inquietante e necessario nella mentalità di chi ha permesso, accettato o giustificato il male. E ci propone dodici moniti, dodici segnali d’allarme da tenere d’occhio oggi, nei nostri leader, nelle nostre società, persino nei luoghi che riteniamo immuni: le democrazie, le terre della libertà, quelle nelle quali sembra impensabile poter trovare i semi di un male oscuro. Quali sono questi segnali d’allarme?

Alcuni sono immediatamente riconoscibili nel tempo in cui viviamo, come alimentare la paura, strumentalizzare la fede, esacerbare il razzismo, minare i diritti umani, favorire la diffusione di teorie del complotto, identificarsi nell’idea che il dibattito si debba sempre incentrare su una contrapposizione netta e irriducibile tra le parti. Altri moniti riguardano comportamenti più subdoli, che hanno come obbiettivo l’esaltazione del “capo”, del duce, del Führer del momento. Sono azioni come corrompere la gioventù, esaltare l’eroismo di chi comanda, ricorrere alla violenza senza sporcarsi le mani e ricercare l’appoggio dei potenti e dei benpensanti. Questi e altri sono per Rees campanelli d’allarme, perché La mente nazi mostra che il crimine più atroce del Novecento non è solo un fatto storico, ma uno specchio oscuro in cui il presente rischia di riflettersi. Il libro di Rees è, infatti, lettura che ci interpella come testimoni e protagonisti dei fatti storici. E può diventare una guida per non voltarsi dall’altra parte quando la mentalità dell’orrore ha la meglio sui valori umani, ricordandoci che le parole hitleriane attecchirono nelle coscienze di uno dei popoli più colti della modernissima Europa. Insomma, un vero e proprio monito di quanto risibile sia il confine tra civiltà e barbarie, tra Eden e inferno, tra raffinatezza e primordialità.

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