"Di antichi fasti la piazza vestita/grigia guardava la nuova sua vita/come ogni giorno la notte arrivava/frasi consuete sui muri di Praga/ma poi la piazza fermò la sua vita/e breve ebbe un grido la folla smarrita/quando la fiamma violenta ed atroce/spezzò gridando ogni suono di voce...".

È la mattina del 16 gennaio 1969 quando, a fermare la sua vita come racconta Francesco Guccini sulle note di "Primavera di Praga", è piazza San Venceslao, una delle principali della capitale cecoslovacca. Una luce improvvisa, una fiamma si sta diramando verso il centro della strada, sotto lo sguardo attonito dei passanti, che hanno bisogno di più di un attimo per capire che quella fiamma, in realtà, è una persona.

A quel punto cercano disperatamente di fare qualcosa: quella torcia umana nella sua corsa disperata è finita a terra, urtata da un tram, e loro cercano di placare le fiamme che la stanno dilaniando con i colpi delle pesanti giacche della fredda Praga di gennaio. Arrivano le ambulanze, e quello sconosciuto è ancora vivo, agonizzante.

Un "tentato suicidio", taglia corto l'Agenzia di stampa cecoslovacca, che della vittima diffonde solo le iniziali: J.P.

Ma bastano poche ore perché il nome completo di quel ragazzo passi di bocca in bocca tra gli studenti slovacchi. J.P., Jan Palach, era uno di loro. Ha solo 21 anni. E un disperato bisogno di fare qualcosa, per proteggere il suo Paese dai carri armati sovietici che lo hanno invaso.

L'anno precedente è tra gli entusiasti sognatori della Primavera di Praga, una breve e illusoria stagione riformista durante la quale la Cecoslovacchia, in cui si sta diffondendo il malcontento per il regime sovietico, cerca di alzare la testa, mantenendo il sistema economico collettivista, ma con una maggiore libertà politica, di stampa e di espressione. Tutto finisce di colpo nella notte tra il 20 e il 21 agosto del 1968 quando centinaia di migliaia di soldati e circa 6mila carri armati invadono il Paese.

La repressione, in quei sei mesi, è terribile, con una censura che proibisce ogni tipo di assembramento o protesta.

Jan, che proviene da un paesino a 50 chilometri da Praga, era andato nella capitale a studiare. Lì aveva conosciuto tanti giovani come lui, tutti con la stessa esigenza di libertà e di democrazia. Tutti con la speranza di un Paese migliore in cui crescere e invecchiare.

Dopo sei mesi Palach decide di sacrificarsi. Quella mattina del 16 gennaio 1969 esce in tarda mattinata dal suo appartamento studentesco nella periferia sud di Praga, in tasca tre lettere, che imbuca. Riempie tre taniche di benzina, se le versa addosso ai piedi della scalinata del Museo Nazionale e si dà fuoco.

Poi comincia la sua ultima corsa, urlando.

"Io sono il primo - scrive nelle tre missive che aveva inviato ai compagni di università - a cui tocca l’onore di eseguire la nostra decisione. Sono il primo che ha avuto l’onore di scrivere la lettera, e sono anche la prima torcia. La richiesta principale è l’abolizione della censura: se questa richiesta non sarà rispettata entro cinque giorni, vale a dire entro il 21 gennaio 1969, e se la gente non dimostrerà appoggio alla nostra azione, altre torce umane mi seguiranno".

Morirà dopo tre giorni di agonia e saranno 600mila le persone che parteciperanno al suo funerale: "Uomini stanchi - per citare ancora Guccini - di chinare la testa e di tirare avanti (...). La città intera che lo accompagnava/la città intera che muta lanciava/una speranza nel cielo di Praga".

Oggi, a cinquant'anni di distanza, è considerato un patriota, un martire della libertà: decine di circoli studenteschi portano il suo nome, come anche strade e piazze a Praga e nel mondo.

Angelica D'Errico

(Unioneonline)

LE IMMAGINI:

Nel 1969 la protesta-suicidio dello studente cecoslovacco
Nel 1969 la protesta-suicidio dello studente cecoslovacco
Nel 1969 la protesta-suicidio dello studente cecoslovacco
Jan Palach aveva 21 anni e si era trasferito a Praga per studiare
Jan Palach aveva 21 anni e si era trasferito a Praga per studiare
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Si diede fuoco in piazza San Venceslao
Si diede fuoco in piazza San Venceslao
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Fu il primo a commettere l'estremo gesto per protestare contro l'occupazione sovietica
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Diversi giovani lo emularono
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La mamma nel giorno dei funerali
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Un omaggio a cinquant'anni da quel 16 gennaio 1969
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Un omaggio a cinquant'anni da quel 16 gennaio 1969
(Tutte le foto sono Ansa)
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