Cosa ci può essere di più bello di possedere una penna magica e con questa dare vita – ma veramente – a tutti gli animali, veri o immaginari, che si disegnano? È quello che accade a Ulisse Aldrovandi, ragazzo brillante e curioso nella Bologna del 1532. Ulisse dovrebbe trascorrere il suo tempo studiando sui libri di diritto per diventare notaio come il padre, ma lo studio non gli basta. Vuole conoscere il mondo, le creature che lo popolano. E quando queste creature non sono a portata di mano o di sguardo ha a disposizione la fantasia per crearle con la sua penna, grazie alla quale si animano una salamandra, un drago sputafuoco, una sirena e anche uno splendido unicorno. Insomma, tutta una pletora di bizzarri compagni di viaggio che aiutano il giovane Ulisse a capire che non bisogna mai smettere di cercare, di conoscere e di scoprire. Perché il mondo che ci circonda offre più sorprese di quelle che potremmo mai immaginare…

Ispirato alla figura di Ulisse Aldrovandi, nel Cinquecento grande studioso della natura, “La penna della Fenice” (Albe Edizioni, 2021, pp. 200) è un vero e proprio inno alla curiosità come spinta per la conoscenza. All’autrice del libro, Haider Bucar chiediamo come è nato questo romanzo per ragazzi in cui storia e invenzione si mescolano in modo estremamente divertente e leggero:

“Aldrovandi mi fa compagnia da più di trent’anni, da quando ero bambina e mia madre mi regalò un libro ispirato alle sue ricerche, un libro pieno di disegni di animali fantastici. Ricordo che rimasi colpita e volli scoprire tutto su questo personaggio vissuto nel Cinquecento”.

E cosa ha scoperto su Aldrovandi?

“Che è stato un precursore degli studi naturalistici. Duecento anni prima di Linneo ha cominciato a classificare piante e animali e si è reso conto che ogni specie aveva delle sottospecie con caratteristiche comuni. È stato inoltre il fondatore del primo orto botanico italiano, a Bologna”.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Una bambina che si appassiona di un naturalista! Ma cosa la colpiva tanto di questo personaggio?

“La curiosità, la voglia di andare a fondo nelle cose e capire come funzionano. Sono qualità in cui mi ritrovo, che sento mie. Aldrovandi ebbe poi la fortuna di vivere in un’epoca di grandi cambiamenti. L’America era stata scoperta da poco più di trent’anni e arrivavano notizie di continue meraviglie dal Nuovo Mondo. Aldrovandi parlava con i marinai, si faceva raccontare le loro storie meravigliose e si interessava anche gli animali fantastici che i viaggiatori dicevano di aver incontrato negli oceani oppure in Oriente. E classificava tutto, in maniera quasi scientifica, pure le caratteristiche degli animali ‘impossibili’. Grazie a lui, per esempio, sappiamo come riconoscere un drago anziano da uno giovane!”.

E come si distinguono i draghi?

“Dalle ali! Più sono grandi e più il drago è vecchio secondo Aldrovandi”.

Ulisse, nel suo libro, ha un potere enorme: quello di dar vita semplicemente disegnando. Non è un po’ troppo nelle mani di un ragazzo? Non si corre il rischio di far danni creando draghi e unicorni?

“Anche la possibilità di dare vita ai disegni è collegata a una storia di quand’ero bambina. Una volta una mia amichetta mi chiese che cosa avrei voluto nel momento in cui avessi potuto realizzare un desiderio. Mi prese in contropiede. Pensai a cose enormi e invece lei mi disse che avrebbe voluto che i suoi disegni prendessero vita. Fu un’illuminazione che ho ripreso nel romanzo dando però a Ulisse la possibilità di mettere a posto le cose, da solo, senza l’intervento di un adulto”.

Ulisse, quindi, ha la possibilità di imparare e quindi di riparare, se ha compiuto un danno?

“Questo era per me fondamentale: che il mio personaggio avesse una seconda possibilità quando combinava un pasticcio. Ogni suo gesto lascia un segno, però esiste anche la possibilità di correggere il tiro, di mettere a posto l’errore. Credo che sia una possibilità che ci deve essere nei romanzi e ancora di più nella vita”.

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