Fino a pochi mesi fa Super Mario era Balotelli. Fisico da bronzo di Riace, calciatore potente, pedata missilistica, centravanti della Nazionale, conteso dai grandi club. Oggi è caduto in disgrazia: da eroe azzurro a panchinaro in una squadra di serie B. I mass media, che s'innamorano delle loro stupidaggini lessicali, perso questo Mario hanno virato l'attenzione su un suo omonimo. L'occasione fa l'uomo ladro, ma anche l'uomo stupido. Così ora Super Mario è Draghi. Che probabilmente non gradisce, ma perdona coloro che non sanno quello che dicono. "Super" fa parte di quelle parole alla moda che, inflazionate, perdono il loro significato autentico. L'ultima è resilienza. Entrata impropriamente anche nel Piano di ripresa economica, è diventata popolare con accostamenti verbali esilaranti. Molti non sanno che cosa significa e la usano a sproposito. Credono così di apparire "superintellettuali". Tutto ormai è "super": dal supermercato al supertestimone, dal supercinema al superboss, dal superbonus al superdiuretico; dalle superchiacchiere alle supercazzole di opinionisti, politici, esperti e tuttologi che sproloquiano in televisione. Lasciamo a Balotelli l'appellativo augurale di Super Mario. Ma il premier, che ha un cognome di per sé "super" chiamiamolo Draghi. O, se vogliamo esagerare, Drago.

Tacitus

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