“Se hai fantasia e tempo a disposizione, la scrittura è una meravigliosa occupazione”. Francesco Vidotto è uno scrittore. Ha vissuto per lungo tempo in città, si è laureato in economia e ha lavorato per poco tempo in un’azienda. Non era fatto per i numeri, perché ha un problema: dimentica le cifre; ecco perché ha deciso di cambiare vita e di trasferirsi a Tai di Cadore, all’ombra delle Dolomiti; un paesino in cui si dedica alla scrittura o alle arrampicate.

È qui che, una mattina, si presenta alla sua porta un anziano, con un cappello consumato in testa e degli occhi celesti come il cielo. L’uomo gli fa una domanda precisa, perché vuole essere aiutato a scrivere un libro: “Un libro sulle cose accadute, perché non vengano dimenticate […] conosco solo le parole che la vita mi ha insegnato e non bastano per raccontare quello che ho nel cuore”.

L’anziano, ha novantotto anni e si chiama Oceano, anche se, come tende a sottolineare spesso, lui non ha mai visto il mare. L’uomo ha bisogno di raccontare la sua vita, perché sta perdendo la memoria e ha paura di perdere i suoi ricordi. Francesco accetta la proposta, in quanto incuriosito dalla sua storia: “Ho sempre pensato che puoi allontanarti da casa quanto ti pare, ma poi, appena molli le mani, ritorni indietro e, come un elastico, ti avvolgi di nuovo alle tue radici e le cerchi e ne sei curioso, intraprendendo quasi un viaggio a rovescio che, anziché portarti lontano, questa volta, avvicina”.  

L’anziano si racconta, partendo dalla sua nascita e specifica di essere stato chiamato così, perché i genitori avrebbero dovuto affrontare il mare in piroscafo; ma una grave emorragia aveva colpito la madre, dopo il parto. Per questo il padre aveva deciso di abbandonarlo, perché la moglie diveniva sempre più debole e la presenza di Oceano avrebbe reso difficile la loro attraversata. La madre non aveva accettato di buon grado quella crudele scelta: “Disperata strappò un angolo della carta che incartava il formaggio e vi scrisse sopra a matita il mio nome […] Fu lei ad abbandonarmi”. Oceano era stato affidato, da un prete, a una giovane coppia che non riusciva ad avere figli. Giovanni e Maria non dimenticarono il biglietto di carta e formaggio, in cui c’era scritto il suo nome e pertanto fu battezzato come Oceano Giovanni Maria del Favero: “Ecco come è cominciata la mia esistenza […] rifiutata fin dal principio”.

L’anziano si racconta, mantenendo un appuntamento giornaliero con lo scrittore e, ad ogni incontro, fa trapelare una parte di sé. Gli rivela infatti, che, dopo la sua adozione, è nata la sua sorellastra, Italia. Solo a lei era stato concesso di studiare, mentre a Oceano non vennero mai riservate le stesse premure o una tale possibilità, in quanto costretto a lavorare come boscaiolo. Col tempo, tra Italia e Oceano era nato qualcosa di più ed entrambi si innamorarono l’uno dell’altra. Un’unione sofferta e ostacolata dalla matrigna, che tentò anche di far esorcizzare Italia per un simile peccato: “[…] L’amore che aveva sempre abitato talmente lontano dalla mia esistenza, bussò alla porta e mi entrò nel cuore, come non era mai accaduto prima, e mi riempì di nuova vita”.

Un amore eterno quello per Italia, che li ha condotti fino alla vecchiaia ad amarsi ancora, come nei momenti in cui Oceano perde la memoria e lei si appresta a portargli le fotografie del loro rapporto, per far riaffiorare i ricordi. La storia dell’anziano incuriosisce sempre di più Francesco, che comincia a trascrivere quei racconti, che accompagneranno Oceano in un commovente viaggio introspettivo.

“Oceano” è un libro di Francesco Vidotto, edito da Minerva Edizioni.

È un libro che valorizza l’esigenza degli anziani di raccontarsi, in una narrazione che restituisce il senso e la riappropriazione della propria identità e che salva dall’oblio delle amnesie. Il potere curativo della scrittura, attraverso un’autobiografia che conserva, tramanda e non dimentica il valore di una storia.  

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

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