Era l’11 maggio del 1920, 97 anni fa, quando Iglesias e la Sardegna intera vivevano una delle pagine più tristi che le cronache dell’Isola avrebbero mai raccontato. Sette minatori morti e oltre venti feriti a seguito di una rivolta operaia nata per ottenere condizioni salariali e di vita migliori.

Un episodio che si era originato pochi giorni prima, sabato 8 maggio 1920, quando gli operai delle miniere di Campo Pisano, Monteponi e S.Giovanni si erano riuniti davanti al palazzo della Sottoprefettura di Iglesias rivendicando, come riportato da L’Unione Sarda dell’epoca, “la revoca del tesseramento dei generi alimentari o, perlomeno, l’aumento del razionamento del pane, essendo insufficiente quello assegnato”.

“Gli operai – proseguiva L’Unione Sarda – calmi e disciplinati sentivano le parole del Sottoprefetto cav. Farina e del Sindaco Corsi sciogliendosi poi tranquillamente”.

Il lunedì successivo, 10 maggio, la situazione era tuttavia precipitata, a seguito della decisione del vicedirettore della miniera di Monteponi, l’ingegner Andrea Binetti, di non retribuire ai minatori la mezza giornata del sabato non lavorata. Dopo i ripetuti appelli per un ripensamento rivolti alla direzione, caduti nel vuoto, gli operai decidevano infatti di proclamare un’altra giornata di sciopero, fissata per il giorno successivo.

L'ECCIDIO RACCONTATO DA L'UNIONE SARDA

La prima pagina de L'Unione Sarda del 12 maggio 1920
La prima pagina de L'Unione Sarda del 12 maggio 1920
La prima pagina de L'Unione Sarda del 12 maggio 1920

L’11 maggio del 1920 un migliaio di minatori si danno appuntamento alla miniera di Monteponi, per dirigersi , in un lungo serpentone e “con un cencio rosso appeso a una canna”, verso il palazzo municipale, per conferire con il sindaco Angelo Corsi. Con loro, trascinato senza usar troppo le buone maniere, l’ingegner Binetti.

La milizia era nel frattempo stata allertata, in ragione di una garanzia di ordine pubblico. Al loro arrivo in prossimità del palazzo comunale, in via Satta, i minatori, cui si uniscono un migliaio di altri manifestanti, trovano i soldati della guardia regia a sbarrare loro la strada. Tutto accade in pochi minuti. Le cronache dell’epoca parlano di colluttazioni ripetute, che portano tuttavia alla più tragica delle conseguenze: i soldati sparano sulla folla di manifestanti, causando 26 feriti e cinque morti. Altri due minatori perderanno la vita nei giorni successivi.

Un'altra immagine dei funerali dalle cronache dell'epoca
Un'altra immagine dei funerali dalle cronache dell'epoca
Un'altra immagine dei funerali dalle cronache dell'epoca

“La città è in preda al terrore – ricorda L’Unione Sarda nelle cronache dell’epoca – e formuliamo l’augurio che l’opera persuasiva dei dirigenti le masse e quella del sindaco Corsi valgano a restituire la calma nell’illustre cittadina, ove sangue cittadino fu versato, sangue che si sarebbe, forse, potuto risparmiare”.

Un episodio che non ebbe, fortunatamente e nei giorni a venire, conseguenze più gravi, che seguiva i tumulti di un Paese intero preda della rabbia esasperata di una classe operaia con poche tutele e molti obblighi.

Una pagina nera e sanguinosa della storia locale, che mai sarebbe stata dimenticata.

Virginia Lodi
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