«Sono una madre che non riceve notizie dal figlio Roberto Balzano, che. Espatriato in Belgio per lavoro, si è trovato trascinato non so come in questa maledetta Legione. Affido a voi la mia speranza. Non riesco a capire se è morto oppure disperso, è dal mese di aprile del 1952 che non ricevo sue notizie, potete immaginarvi per una madre che tormento è questo, perdere un figlio…».

Tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta del Novecento migliaia di lettere come questa furono inviate alle redazioni dei giornali, alle istituzioni italiane e ai consolati francesi. Erano missive di madri, padri, promesse spose, sorelle e fratelli che chiedevano notizie dei loro cari “scomparsi” perché arruolati per disperazione, con l’inganno o con la forza nella Legione straniera francese. Arruolati e poi inviati a combattere una guerra ingiusta e senza speranza, quella che i francesi combattevano in Asia per mantenere il controllo sulle loro colonie in Indocina

Un calcolo molto approssimativo stima che siano stati ben settemila i nostri connazionali che andarono a ingrossare le fila del contingente di spedizione francese nel conflitto indocinese. Di questi ben 1300 non fecero mai ritorno, uccisi dai vietcong, dalle malattie oppure dalla scelta disperata di tirarsi un colpo in testa per mettere fine alla follia di un conflitto privo di speranze di vittoria per i francesi. Inoltre, come per ogni guerra, ai caduti si è aggiunto il dramma dei reduci con centinaia di giovani mutilati per sempre, provati da traumi psicologici gravissimi legati allo stress di lottare in un ambiente totalmente ostile, dove la ferocia dominava tra i due contendenti.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Il giornalista Luca Fregona (con Giorgio Cargioli che racconta nel libro la sua vicenda di legionario), che nel 2021 aveva già dedicato al dramma dimenticato dei legionari italiani il volume Soldati di sventura (Athesia) recupera sette storie di giovani italiani arruolati nella Legione nel suo nuovo lavoro, “Laggiù dove si muore” (Athesia, 2023, pp. 360). «Storie - spiega Fregona nell’introduzione al volume - che mi sono state segnalate dai familiari di altri legionari sull'onda di Soldati di sventura».

Sette vicende ricostruite grazie a testimonianze dirette e al materiale messo a disposizione dalle famiglie: fotografie, lettere, cartoline, ritagli di giornale, frammenti di divise, croci al merito, encomi e libretti militari. Ma Fregona si è spinto anche oltre quanto offerto dai documenti e delle memorie familiari. Grazie alle sue ricerche negli archivi della Legione è riuscito, infatti, ricostruire episodi che i sopravvissuti non avevano mai raccontato una volta tornati in Italia e, addirittura, a scoprire data, luogo e circostanze della morte di un giovane legionario italiano, di cui la famiglia non sapeva più nulla da settant'anni.

L’ingaggio nella Legione era, infatti, troppo spesso un biglietto di sola andata per l’inferno. Una specie di lotteria con la morte. Per molti degli arruolati l’Indocina era un luogo sconosciuto. Erano convinti di finire in qualche tranquilla guarnigione nel deserto algerino. Finirono in un vero e proprio girone dell’incubo, non dissimile da quello che ci è stato descritto in tanti film e libri dedicati alla guerra combattuta dagli americani in Vietnam. La realtà fu quindi un’esperienza insostenibile, come testimoniano anche le lettere inviate alle famiglie e i tanti tentativi di diserzione nonostante la punizione per i disertori fosse spesso implacabile nella Legione. Spesso un prolungato silenzio era il preludio a una scarna comunicazione alle famiglie da parte del Ministero della guerra francese, con la dicitura: »Morto per la Francia. Caduto sul campo dell’onore». Fu quello che accadde alla madre di Roberto Balzano, di cui abbiamo presentato una lettera all’inizio.

Eppure, la tragedia dei nostri connazionali provocò ben poca commozione e fu presto rimossa. Quei morti e quei ragazzi che combattevano in Vietnam erano però troppo scomodi negli anni della Guerra fredda e a livello di istituzioni italiane si lavorò perché su di loro scendesse l’oblio. La guerra d’Indocina, infatti, mese dopo mese si stava trasformando da vicenda interna francese in un grande scontro internazionale, l’ennesimo tassello di quella Guerra fredda in cui si fronteggiavano il blocco occidentale e quello comunista. Gli Stati Uniti fornivano alla Francia milioni di dollari, aerei, carri armati e il tristemente famoso napalm. Cina e Unione sovietica davano ai ribelli un arsenale di granate, bazooka, fucili mitragliatori e mine.

I nostri connazionali diventarono sacrificabili, anche se erano nella maggior parte dei casi dei poveracci arruolati con l’inganno.

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