Mariangela Maccioni, maestra elementare e di vita, è una ribelle che ha sfidato il fascismo e la guerra. La sua è una storia di coraggio, passione e amore per la propria terra, al servizio della verità e degli ideali di uguaglianza e di pace.

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"Lei minaccia? Ebbene sappia che io non cedo alle minacce. Non temo chi può uccidere il mio corpo, ma chi può offendere il mio spirito". Nessuna esitazione, e nessuna paura di fronte a quelle armi che provano a silenziare una mente libera e ribelle. Lei è Mariangela Maccioni, la "maestra resistente", sa mastra Marianzela, portatrice di uno spirito ardimentoso e ribelle che la Censura non riuscirà mai a spezzare.

LA GIOVENTÙ - Figlia del maestro Sebastiano, Mariangela nasce a Nuoro il 17 aprile 1891 in una casa "piccola, scomoda e disadorna", ma ricca di cultura.

A 17 anni, la ragazza che ama la moda e odia la vita di provincia governa a Mamoiada una classe di novanta bambini. Appassionata di filosofia politica e buddista, studia e scrive senza tregua, e legge libri in francese e poesia sarda.

Il suo salotto, vero e proprio circolo letterario, è sempre aperto. Mariangela riceve i suoi amici tra confidenze, letture impegnate e interi cicli di lezioni di storia locale, mentre mamma Giuseppina, ormai cieca, ascolta attenta e rigida in poltrona. Una cultura aperta, mai supponente, ricca di amore per i propri ideali.

AFFINITÀ ELETTIVA - L'amicizia "scandalosa" con l'antropologo e intellettuale Raffaello Marchi suscita scalpore. I due giovani, legati da affinità elettiva e voglia di confrontarsi, fanno lunghe passeggiate sulla "Route des roses", strada campestre piena di silenzio e pace. Una conversazione oggetto continuo di maldicenze in una piccola città come Nuoro, in cui è quasi proibito per una ragazza uscire da sola con uomo che non sia il suo promesso sposo.

La madre Giuseppina impedisce alla figlia di vederlo, finché i due decidono, per pura formalità, di sposarsi, promettendosi l'una all'altro di mantenere fede al tacito giuramento di libertà, principio sovrano della loro vita.

"La sua casa diviene presto un focolare acceso di fede antifascista - racconta Maria Giacobbe, sua amica - e i giovani che avevano goduto del suo insegnamento sui banchi della scuola continuano ad andare da lei per avere ancora parole di verità".

LA PROSCRIZIONE - Solide radici cristiane liberali la spingono in prima linea su quella trincea di eventi che mette in stato di guerra permanente la Sardegna. Il regime fascista è sovrano, ma davanti al resistere o all'arrendersi Mariangela Maccioni prende in mano la penna e firma, unica donna nuorese fra pochi intellettuali, la "Sottoscrizione Pro Matteotti".

Quel gesto di libertà la condanna alla proscrizione. Ordini marziali impartiti dalla federazione del fascio interferiscono con la vita scolastica: costretta a insegnare su testi del regime, Mariangela si rifiuta di parlare del fascismo in classe. La sua adesione al partito è puramente formale, unico modo per poter continuare a insegnare, e a sperare. Si rifiuta anche di dare la fede alla patria per principio.

Nella sua lotta non è tuttavia sola: accanto a lei anche Marianna Bussalai e Graziella Giacobbe, amiche legate da passione e fervente furore.

IL CARCERE - Nel 1937, proprio nel giorno del suo compleanno, i gendarmi dell'Ovra piombano a casa sua perquisendola.

Trovano testi francesi e la lettera che Graziella Giacobbe, madre di Maria, le aveva dato su un giovane anarchico sardo morto in Spagna combattendo contro i fascisti.

È per i fascisti la prova dell'apologia di reato: arriva quindi il carcere, per le idee antifasciste e il "suo temperamento un po' troppo vanitoso", le amicizie politicamente scorrette e il suo non essersi mai pentita.

Per la Maccioni trascorrono 39 giorni tra disperazione e fermezza, le urla assordanti della sua compagna di cella, il divieto di vedere l'amato marito. Viene esonerata dal servizio e espulsa dal partito, messa al bando della vita pubblica. Proposta addirittura per il confino con l'accusa di "attività antinazionale".

LA RIABILITAZIONE - Nel gennaio 1944 le viene offerta la direzione della Biblioteca comunale Sebastiano Satta. E, all'unica maestra della circoscrizione di Nuoro esonerata per ragioni politiche, viene concessa la "riabilitazione all'insegnamento per rimediare all'iniquo provvedimento". La maestra continuerà così a insegnare, pur subendo continue prese di mira e dispettose stilettate.

Non porterà mai rancore ai suoi persecutori, vivendo fino all'ultimo controcorrente. Libera, autodeterminata e consapevole.

Come il marito Raffaello ha raccontato nel libro "Memorie Politiche", perché Mariangela Maccioni non venga mai dimenticata.
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