Patria è parola poco usata e abbastanza sconosciuta oggi. Certo, si può andare sul dizionario e scoprirne etimologia e significato. La prima ci dice che deriva dall’espressione latina patria terra, cioè “terra dei padri”. Il secondo che il termine indica «il territorio abitato da un popolo e al quale ciascuno dei suoi componenti sente di appartenere per nascita, lingua, cultura, storia e tradizioni».

Dopo averle lette ci rendiamo però conto che questi strumenti lessicali e linguistici non ci aiutano a capire fino in fondo cosa si intende per patria. Soprattutto non ci aiutano a capire cosa può essere la patria oggi, in un’epoca di società sempre più multiculturali e multietniche, in un mondo che, volenti o nolenti, è quello della globalizzazione. Inutile nascondersi, infatti, che le spiegazioni da dizionario funzionavano perfettamente in epoche in cui patria significava confini precisi di territorio, lingua, identità e tradizioni. Epoche in cui patria era anche nazione, sacra e inviolabile, da difendere anche a costo del sacrificio estremo da tutto ciò che proveniva dall’esterno. Era una patria esclusiva, per la quale ogni estraneo era un alieno da temere e da combattere. Una visione antica e statica di un concetto che però bisogna trovare il modo di declinare al presente perché di patria, nel senso di appartenenza a una casa comune, continuiamo ad avere bisogno.

La copertina del libro
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È questa declinazione rinnovata che ci aiuta a trovare il politologo Vittorio Emanuele Parsi nel suo pamphlet "Madre patria” (Bompiani, 2023, pp. 192, anche e-book) partendo da una semplice domanda: «Perché è opportuna adesso una nuova riflessione sulla Patria?».

Per Parsi la risposta l’abbiamo sotto gli occhi nel dibattito politico italiano, in cui il termine Patria finisce spesso per essere impiegato nell’accezione opposta al suo originario significato: non per unire, ma per dividere. Ma ancor di più nello scenario internazionale, dove invece vediamo come l’idea di patria – lungi dall’essere un concetto polveroso e ambiguo – possa rappresentare un formidabile moltiplicatore di energie, abnegazione e spirito di sacrificio, in grado di creare quel senso di identità che è il solo punto di partenza possibile per aprirsi agli altri senza paura di esserne invasi e snaturati. Che si parli dei nazionalismi, dei flussi migratori o di altre istanze che modificano la situazione geopolitica mondiale, non si può eludere dunque la riflessione sul sentimento patrio. Come non si può eludere gli interrogativi che ci siamo posti all’inizio su come proporre un concetto di amor patrio rinnovato.

Parsi scava nel nostro passato, dal Risorgimento alla “morte della Patria fascista” fino a Tangentopoli e al presente, in cui le parole dell’inno nazionale diventano il nome di uno dei partiti rappresentati in Parlamento. E ci propone una rivoluzione copernicana nel nostro modo di concepire la patria o, meglio, la “Madre Patria”, per ripartire dalla sua natura inclusiva, amorevole e protettiva. Una natura di cui abbiamo bisogno perché la globalizzazione e la nostra appartenenza europea ci chiedono di prendere parte a un processo decisivo con consapevolezza delle nostre radici e identità. E perché il legame sfilacciato tra noi e le nostre istituzioni ha bisogno di nuova linfa per superare le sfide economiche, culturali e politiche del XXI secolo.

Bisogna quindi smascherare ogni retorica e superare i nostri pregiudizi per sostanziare il nostro amor di patria nel modo più intelligente, aperto e costruttivo. In questa ottica la patria è viva se intesa come un vincolo di affetto e gratitudine verso le proprie radici, sentite non come luogo geografico ma principalmente dal punto di vista culturale e spirituale. Una patria, quindi, che coincide con i valori in cui le persone si riconoscono: diritti, democrazia, rispetto e soprattutto libertà. Una patria che è l’espressione ideale e vitale di ciò che di più umano c’è in noi e non è la polverosa riproposizione di ricordi e certezze legate al passato. Difendere una patria come quella appena definita è quindi “un dovere sacro”, come recita l’articolo 52 della Costituzione, perché i valori che la costituiscono sono fondanti del nostro modo di vivere e di essere e non sono quindi negoziabili né sacrificabili.

Insomma, la patria può essere di tutti, ma non può contemplare e accettare tutto. È quindi un’entità concreta molto vicina a come la descriveva Carlo Rosselli, intellettuale e fondatore negli anni Venti del Novecento del movimento antifascista Giustizia e Libertà, quando affermava: «La nostra patria non si misura a frontiere e cannoni ma coincide con il nostro mondo morale».

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