Lo sguardo di Francesca Vecchioni sui pregiudizi inconsapevoli
La figlia del celebre cantautore presenta il suo ultimo libro sull’inclusione
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Quante volte abbiamo detto o abbiamo sentito dire frasi come: «Non sono razzista ma...», «ho tanti amici gay ma…»; solitamente il bello viene proprio dopo quei puntini di sospensione e solitamente quel che viene dopo è una marea di pregiudizi e luoghi comuni, magari anche inconsapevoli ma non privi di effetti collaterali.
Di questo si parlerà, in un incontro organizzato dall'Associazione Il Colombre, domani, sabato 28 agosto, alle 18.30, nella Sala Eventi di Crema & Cioccolato a Sassari, insieme a Francesca Vecchioni, autrice del libro "Pregiudizi inconsapevoli - Perché i luoghi comuni sono sempre così affollati" edito da Mondadori. A dialogare con l'autrice, Francesca Arcadu, attivista per i diritti delle persone con disabilità e fondatrice e coordinatrice del Gruppo Donne UILDM, e Daniele Salis, presidente dell'Associazione il Colombre.
Francesca Vecchioni, giornalista, attivista per i diritti umani, ha fondato e presiede Diversity, l'organizzazione no-profit impegnata a promuovere l'inclusione, e ha ideato i Diversity Media Awards e il Diversity Brand Summit, iniziative che ogni anno premiano e danno rilevanza a progetti digitali innovativi e aziende che mettono al centro della loro mission l'inclusività.
Basandosi sugli studi di psicologia comportamentale più recenti, nel suo libro smaschera, con tono ironico e dissacrante, tutte le volte in cui, senza volerlo, cadiamo nella trappola degli stereotipi e ci aiuta a capire le nostre
dinamiche cognitive per individuare gli errori più frequenti in cui possiamo incorrere in modo da riuscire a modificare il nostro sguardo sul mondo.
Perché la mente spesso ci inganna.
Ogni ragionamento è un percorso e visto che il nostro cervello tende a fare economia, ossia a ottenere la massima resa con il minimo sforzo, quei percorsi sono vere e proprie scorciatoie.
Per esempio, la mente ci illude di avere capacità statistiche, è convinta di saper calcolare la probabilità che qualcosa si avveri, ma lo fa sulla base di dati che desume, seleziona e ricorda in maniera assolutamente arbitraria. E generalizza: se per noi le persone anziane sono lente, le donne non sanno guidare, gli stranieri sono pericolosi e i gay sono sensibili, lo penseremo di ogni singolo membro di quella categoria, malgrado i dati ci dicano che la nostra percezione è scorretta o sovrastimata. Insomma, forse a parole non siamo discriminatori, ma con le parole?
Senza rendercene conto, siamo immersi in dinamiche linguistiche e comportamentali che rafforzano pregiudizi, stereotipi e discriminazioni.
Luoghi comuni, modi di dire, comportamenti automatici hanno un duplice effetto: da una parte rischiano di compromettere la nostra percezione e dunque comprensione della realtà, influenzando i nostri giudizi e le nostre scelte, dall'altra ci portano a inserire gli altri in schemi precostituiti, che restituiscono un'immagine spesso deformata, banalizzata, inadeguata, e possono innescare meccanismi escludenti.
Essere consapevoli di questi meccanismi mentali, nonché conoscere gli errori a cui ci conducono, è il primo passo per comprendere meglio la realtà e le altre persone e per rendere il mondo più inclusivo.
L.P.