"Cristo continua a fermarsi a Eboli". Ma, pur non essendoci più la malaria, anche in qualsiasi altro luogo del meridione d'Italia, isole comprese, "che lo Stato dimentica, se non addirittura maltratta". E magari Cristo si è fermato anche nel Sulcis, "di cui Carlo Levi ebbe modo di conoscere e apprezzare tanti anni orsono la classe operaia".

Chi lo dice con cognizione di causa, perché ne ha studiato ogni minimo spostamento dal confino riservato agli antifascisti in Lucania (in quella Aliano-Gagliano entrata nella storia della letteratura mondiale), sino alla Liberazione di Firenze, è Nicola Coccia.

Scrittore e giornalista, vincitore del premio Carlo Levi 2016 con "L'arse argille consolerai" (frammento di una poesia che Levi dedicò alla sua amata), Nicola Coccia ha dimostrato ieri al pubblico della Torre Sabauda, per la rassegna LiberEvento creata da Claudio Moica e Fabio Furia, quanti aneddoti curiosi e influenti e quanti retroscena ci fossero nella vita di Levi e del suo più importante lavoro.

L'opera di Coccia analizza a fondo il Levi scrittore, poeta, pittore, la donna (Anna Maria Ichino) che ha protetto lui e molti altri avversari del fascismo, con testimonianze, foto inedite e il gustoso racconto di Manlio Cancogni, portiere di calcio nella villa di Mussolini: "Un tuffo nel recente passato che spiega ancora moltissimi aspetti del presente". Ed è infatti, in senso traslato, anche una lucida analisi della situazione del Meridione "che dai tempi di Levi non sembra essere mutata di una virgola: sono trascorsi 80 anni ma 'Cristo si è fermato a Eboli' per quanto mi riguarda potrebbe essere stato scritto ieri".

Nicola Coccia ci tiene a fornire un flash: "Matera, capitale della cultura 2019, è ancora con linea ferroviaria a scartamento ridotto, delle perforazioni petrolifere che vanno avanti dal 1902 senza che i lucani ne beneficino se non marginalmente".

Ma in virtù degli approfondimenti di Coccia (coadiuvato da Paolo Rumiz) si ri-scopre un Levi legato pure alla Sardegna, e addirittura al Sulcis: "Forse capì che pure l'Isola aveva le sue Eboli, ebbe parole di apprezzamento per la classe operaia, e a Orune si affezionò ad una cornacchia, poi diventata soggetto di un suo quadro, che chiamò appunto Orune".

Vicende autobiografiche fra gente umile ma sincera, sarda o lucana, che dimostravano come pure in certe zone della Sardegna Cristo fosse ancora di là da venire.

Andrea Scano

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