Nei sacri testi di storia dell’arte che affrontano il tema dei murales è immediato il richiamo a Diego Rivera, marito di Frida Khalo, e alla scuola messicana. Da allora, siamo alla fine dell’Ottocento, si è scoperto che il grigio dei vecchi intonaci può essere sostituito da un arcobaleno di colori, al quale affidare messaggi collettivi sociali e popolari. Muri dipinti con scene e immagini che possiedono un valore di denuncia politica, potente mezzo di comunicazione e di rappresentazione di una collettività.

Realtà

In Sardegna non c’è paese che non abbia i propri murales. “La biblioteca dell’identità” de L’Unione Sarda si arricchisce di una nuova collana, intitolata “Murales di Sardegna”, che nasce con l’intento di mappare questa particolare produzione artistica, tanto amata nell’isola. In edicola da domani sarà a disposizione il quarto volume, in vendita con L’Unione Sarda a 8,50 euro oltre il costo del giornale. Gianni Sirigu è il fotografo che firma la curatela di un’opera davvero prestigiosa e fondamentale per chiunque ama l’arte, l’identità e la cultura popolare. Quarta tappa da Gesico a Mamoiada, attraversando i comuni di Gesturi, Giave, Goni, Gonnosfanadiga, Gonnostramatza, Guamaggiore, Iglesias, Ilbono, Isili, Ittireddu, Ittiri, Jerzu, Laconi, Lanusei, Loceri, Lotzorai, Macomer, Magomadas, Mamoiada. Ciascuna pagina è uno scoperta, un caleidoscopio di colori e di immagini che richiamano la tradizione o evocano la modernità di linguaggi artistici.

Curatore

«È stato particolarmente emozionante percorrere a piedi strade e vicoli nei vari centri abitati da me visitati e scoprire quasi per caso i murales, talvolta pensando di aver davanti realmente le persone o gli oggetti raffigurati, data la perfezione delle opere», racconta il curatore Sirigu. «Questo aspetto mi ha colpito specie nei piccoli centri, oramai quasi completamente disabitati, dove i pochi segni di vita paiono essere rappresentati dalle scene di vita quotidiana dipinte sui muri. Talvolta è stato veramente impressionante svoltare l’angolo e trovarsi all’improvviso davanti quelle immagini così vivide, capaci di riportarti indietro nel tempo, alle scene già vissute nella oramai lontana infanzia: gli anziani seduti a chiacchierare, le donne a tessere, i contadini a lavorare la terra con l’aratro guidato dai buoi. È stato veramente un ritorno alle origini della nostra cultura, un tuffo nelle più autentiche tradizioni che caratterizzano in modo estremamente unico la nostra terra».Stupiscono per intensità i murales raccontati nel volume numero quattro: a Goni le donne ritratte rievocano Gauguin; a Iglesias lo spunto è il lavoro duro delle miniere; a Ittireddu si scoprono guizzi di modernità e allegria. Mentre a Laconi spicca una Dea Madre, ricordo di un’antica civiltà alla quale ancora siamo legati. Domani in edicola l’ultima stampa a colori raffigurante uno dei murales.

Giovanni Follesa

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