Tra il 1945 e il 1989 il mondo fu solo apparentemente in pace mentre in realtà si combatteva una guerra non ortodossa, a bassa intensità militare, ma ugualmente senza quartiere e, come per tutti i conflitti, con le sue vittime e i suoi carnefici. A scontrarsi per il predominio sul globo erano Usa e Urss e i loro alleati e i campi di battaglia furono i tanti fronti sorti in quegli anni soprattutto in Africa e Asia, ma anche il sottobosco degli intrighi e delle alleanze indicibili dove si muovevano agenti segreti, spie, funzionari senza scrupoli, killer prezzolati e terroristi. Un sottobosco, anzi un sottosuolo per molti anni ben poco conosciuto e che oggi viene rischiarato grazie alla possibilità di accedere a nuovi archivi, un tempo secretati, e di analizzare anche l’immensa documentazione degli apparati di sicurezza delle nazioni del blocco sovietico.

Grazie a un certosino lavoro di consultazione dei tanti documenti emersi negli ultimi tempi lo storico Gianluca Falanga - consulente presso il Museo della Stasi (la famigerata polizia segreta della Germania comunista) a Berlino - ha potuto ricostruire i tanti aspetti di quella guerra sotterranea, combattuta durante la Guerra fredda all’ombra terrificante degli arsenali militari. È nato così il saggio "La diplomazia oscura” (Carocci editore, 2021, pp. 252) in cui viene raccontata quella immensa e inquietante zona grigia in cui la lotta armata di matrice terroristica – formata formazioni della sinistra estrema come le Brigate rosse, neofascisti e neonazisti, terroristi palestinesi - incrociò la segreta opera di destabilizzazione dei Servizi di sicurezza delle nazioni dei blocchi contrapposti. Quella zona grigia in cui in barba al proclama che “con i terroristi non si tratta” intelligence e gruppi terroristici interagirono, negoziarono, si scambiarono favori, informazioni, armi e protezioni. E in cui le tante internazionali del terrore – prima fra tutte quella palestinese – poterono organizzarsi, armarsi e portare a termine le loro efferate imprese come l’attacco alla delegazione israeliana durante le Olimpiadi di Monaco del 1972.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Emerge così una verità storica che non nega quella ufficiale, ma la rende più articolata e, soprattutto, rende più comprensibili le dinamiche di un’epoca ambigua, dai tratti sfuggenti, in cui le due grandi potenze le provarono tutte – tranne, per fortuna, la guerra atomica – per soverchiare l’avversario, anche quando a parole si inneggiava alla distensione e si firmavano trattati per ridurre il rischio di un conflitto. Fu quindi una “contesa totalizzante che coinvolse ogni aspetto della vita politica, sociale e culturale delle nazioni” come scrive Falanga. Fu soprattutto una lacerazione che attraversò tutta l’umanità per un quarantennio e che venne alimentata da disinformazione, sabotaggi, dirottamenti di aerei, operazioni di guerra psicologica, sovvertimenti dei sistemi politici di interi Paesi anche facendo ricorso alla violenza politica eversiva, alle bombe e agli agguati con lo scopo di servirsi di conflitti e tensioni esistenti per disarticolare il fronte avversario e compattare il proprio.

Come racconta ancora Falanga: “Molti paesi furono coinvolti nella silenziosa guerra sporca dei Servizi, esposti a varie forme di intervento occulto e colpiti duramente da questo modo nuovo di condurre la contrapposizione ideologica e politica”.

In alcuni di questi Paesi l’intervento fu drammatico e visibile a tutti dato che fu contrassegnato da operazioni paramilitari, colpi di Stato, instaurazione di regimi autoritari. In altri casi le interferenze rimasero sottotraccia, mantennero un profilo meno marcato, ma non mancarono certo di efficacia. Fu questo il caso dell’Italia, terra di frontiera tra il blocco americano e quello sovietico, nazione schierata sul fronte occidentale, ma con il più forte partito comunista dell’Europa dell’Ovest. Per questo il nostro Paese fu sempre sotto i riflettori delle grandi potenze e fu al centro delle operazioni dei Servizi segreti di mezzo mondo, oltre che teatro, dalla fine degli anni Sessanta, di una escalation terroristica impressionante.

Non per nulla già mezzo secolo fa l’ex capo della Cia William Colby riconobbe che: “L’Italia è stata il più grande laboratorio di manipolazione politica clandestina”. Una manipolazione che l’autore ricostruisce con rigore e chiarezza, nonostante la vischiosità della materia, così come fa per le dinamiche degli altri Paesi al centro delle trame della Guerra fredda, primo fra tutti la Germania dell’Ovest. Insomma, un saggio, quello di Gianluca Falanga, che fa luce su un mondo che volutamente ha sempre cercato di rimanere nell’ombra, per interesse e forse anche per un pizzico di vergogna per le tante, troppe concessioni al principio che “il fine giustifica i mezzi”.

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