Quante volte ci è capitato ascoltando una canzone mai sentita prima di pensare: "Eppure questa musica non mi pare nuova…" oppure "ma dove ho già ascoltato queste parole…".

Diciamolo subito, dopo secoli di romanze, melodie e canzonette è oramai veramente difficile trovarsi di fronte a qualcosa che sia una vera novità. Anzi, come ci racconta il giornalista Michele Bovi nel suo documentatissimo "Ladri di canzoni" (Hoepli, 2019, pp. 350, anche e-book), chi conosce bene la musica sa che la maggior parte delle composizioni più belle sono lo svolgimento in maniera solo in parte originale di un'idea preesistente. E sa che nel repertorio di mostri sacri delle sette note come Bach, Mozart, Verdi fino ad arrivare ad Ennio Morricone è possibile trovare riferimenti a opere di autori più antichi o anche contemporanei.

Difficile quindi, anche per i più bravi, non "prendere spunto". Solo che poi quelli che sanno fare il loro mestiere di musicisti e autori di testi proseguono mettendoci del loro.

Viceversa, Michele Bovi ripercorre duecento anni di liti musical-giudiziarie, liti che hanno visto come protagoniste le più grandi star della canzone italiana e mondiale. Scopriamo così che da Celentano a Zucchero, passando per Dalla e Battisti, un po' tutti sono stati copiati senza troppi scrupoli o sono stati accusati, quasi sempre ingiustamente, di aver firmato canzoni che non erano proprio farina del loro sacco. E che le accuse non hanno risparmiato proprio nessuno se pensiamo che un'autrice ha lasciato come sue ultime volontà prima di morire la richiesta di citare per danni gli eredi di Totò, reo, secondo l'accusatrice, di averle rubato la famosa Malafemmena!

Particolare dalla copertina del libro
Particolare dalla copertina del libro
Particolare dalla copertina del libro

Leggiamo poi che Cosa Nostra in America ha per decenni sfruttato le maggiori romanze della tradizione napoletana facendole incidere e interpretare da artisti statunitensi senza mai pagare un soldo agli autori. Quando poi la popolarità della canzone partenopea è calata, la mafia non ha fatto altro che sfruttare l'immensa popolarità di Domenico Modugno e della sua "Nel blu dipinto di blu", anche questa volta senza riconoscere un centesimo di diritti. Oppure Bovi ci racconta di come in Inghilterra si sia bellamente scopiazzato Puccini senza mai pagare nulla e lo stesso abbiamo fatto noi italiani negli anni Sessanta pubblicando centinaia di canzoni inglesi senza citare gli autori, né tantomeno corrispondere loro qualcosa quando un pezzo funzionava.

Insomma, non ci si annoia certamente scorrendo le oltre trecento fittissime pagine scritte da Bovi. Anche perché ci si può divertire a mettere a confronto i vari brani che di volta in volta sono stati oggetto di diatribe, liti, annose controversie nelle aule dei tribunali e decidere se il plagio e la scopiazzatura c'era oppure no. Ve lo diciamo subito: è un gioco sorprendente e se ne scoprono veramente delle belle… o delle brutte, dipende dai punti di vista.
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