I servizi sanitari nazionali, tutti, devono fare i conti con la sostenibilità economica dei servizi erogati. E questa sostenibilità si basa su due pilatri che sono la ricchezza di ciascun Paese e il modo in cui le risorse sono impiegate. Ma comunque l'invecchiamento delle nostre popolazioni e i costi crescenti delle nuove terapie sono un nodo che tutti dobbiamo sciogliere, rapidamente.

Nel 2020 la nostra spesa sanitaria pubblica pro capite è stata di 2.851 dollari. Nello stesso periodo (2018-19) il valore della spesa sanitaria rispetto al Pil si era ridotto dello 0,2%. A confronto la spesa pro capite di un cittadino tedesco è stata di 5.905 dollari, quella di un cittadino francese di 4.632 dollari e di 4.158 dollari per un cittadino inglese. La spesa rispetto al loro Pil era aumentata di 2 punti percentuali. In sintesi la nostra spesa sanitaria, ad eccezione del periodo Covid, si attesta attorno al 7,1% del Pil nel 2021 mentre i nostri vicini spendevano più del 10% del Pil. Forse Germania, Francia e Inghilterra fanno scelte di politica sanitaria diverse dalle nostre oppure hanno economie che consentono queste scelte. I nostri magistrati contabili, però ritengono che i governi italiani hanno preferito destinare ad "altro" le poche risorse a disposizione e che la tutela della salute va contemperata con l'equilibrio dei conti pubblici.

Ma non siamo soli in Europa. Qualche giorno fa a Madrid 250mila persone hanno preso parte ad un'imponente manifestazione in difesa della sanità pubblica spagnola. La mobilitazione reclamava migliori servizi sanitari di base, soprattutto per le difficoltà di accesso, lo stop alle privatizzazioni dei servizi, in particolare nei centri rurali e contestava fortemente i tagli di risorse alla sanità decisi negli ultimi anni. I nostri gloriosi servizi sanitari hanno bisogno di nuova linfa, di nuove idee, di un coinvolgimento maggiore dei cittadini. Perché se da un lato tutti noi abbiamo diritto ad essere curati, dall'altro lato dobbiamo impegnarci a mantenere una buona salute. E per passare dalle parole ai fatti serve guardare ai fatti, alle conoscenze scientifiche e contrarre un nuovo patto con i cittadini perché una sanità basata solo sulla cura delle malattie avrà costi insostenibili. Parliamo di ciò che conosciamo e che si può fare cioè prevenire le malattie cardiovascolari. L'ipertensione è uno dei principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari (le malattie ischemiche del cuore sono la prima causa di morte al mondo). Circa il 30% dei nostri concittadini sono ipertesi, in particolare il 56% degli uomini e il 43% delle donne di età 35-79 anni sono ipertesi. La pressione arteriosa è il fattore di rischio più importante per l'ictus, per l'infarto del miocardio, le arteriopatie periferiche, l'insufficienza renale cronica, la retinopatia. Se a questo fattore di rischio aggiungiamo l'obesità ed il fumo abbiamo coperto lo spettro dei fattori correggibili capaci di allungare la vita ed allontanare le malattie cardiovascolari. Ma basta un piccolo sforzo con l'uso del sale. Massimo tre grammi di sale al giorno oltre a quello presente negli alimenti per ridurre la pressione arteriosa ed avere una buona salute. Serve un progetto che ruoti attorno al medico di medicina generale. In tempi concordati ai loro pazienti deve essere misurata la pressione ed il peso. A tutti deve essere fatta un breve visita per valutare se sono presenti danni alle arterie e compilata una scheda per i controlli nel tempo. Non è così difficile strutturare questo progetto ne va della nostra vita e di un futuro migliore del nostro servizio sanitario. Non ammalarci conviene anche al servizio sanitario.

Antonio Barracca

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