È veramente difficile per noi esseri umani del XXI secolo pensare a un tempo in cui non esisteva la possibilità di riprendere la realtà con una cinepresa o una videocamera.

Eppure, fino a poco più di un secolo fa già la fotografia sembrava una magia della tecnica.

Quando poi i fratelli francesi Lumière brevettarono un unico strumento in grado di proiettare su uno schermo bianco una sequenza di immagini, in modo da creare l’effetto del movimento sembrò un miracolo ai contemporanei. Il primo cortometraggio prodotto, del 1895, si intitolava "L’uscita degli operai dalle officine Lumière” e coglieva un momento di vita preso dalla realtà. La sua prima proiezione generò un fortissimo impatto emotivo sul pubblico presente, impressionato dalla possibilità di ottenere un’esatta riproduzione della realtà. Un’altra delle prime pellicole dei Lumière, dal titolo “L’arrivo del treno alla stazione di Ciotat”, in cui compariva quello che all’epoca era il simbolo per eccellenza del dinamismo e della velocità, il treno appunto, ebbe un immediato successo fra il pubblico e suscitò una profonda eco, impressionando in breve tempo gli spettatori di tutto il mondo. Si narra che a una delle prime proiezioni del film ci sia stato un fuggi fuggi generale perché le immagini mostravano una locomotiva che si avvicinava sempre di più. Gli spettatori credettero, infatti, di essere sul punto di venire travolti.

Molta acqua è passata sotto i ponti da quei primi film pionieristici però la magia di quella che un secolo fa venne battezzata come “settima arte” non si è perduta. Anzi pare risorgere sempre, quando è data in crisi, come una novella Araba fenice. Ce lo dimostra, una volta di più, il volume “Nuova storia del cinema” (Hoepli editore, 2023, pp. 414, anche e-book), scritto a più mani e curato dal critico cinematografico Beatrice Fiorentino.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Il libro ci riporta agli albori del fenomeno per mostrarci come la cinematografia abbia sempre saputo rinnovarsi e rimanere al passo coi tempi.

Dopo l’invenzione dei Lumière il cinema diventò un fenomeno di massa, i film aumentarono la loro durata (anche se la maggior parte durava una decina di minuti o poco più), cominciarono a essere raccontate storie più complesse, nacquero i primi divi. I film erano rigorosamente in bianco e nero. Le poche sequenze a colori presenti nelle pellicole dei primi del Novecento erano realizzate dipingendo a mano ogni fotogramma. Film interi a colori cominciarono a essere prodotti solo a partire dagli anni Trenta del Novecento.

Il cinema delle origini, inoltre, non conosceva gli effetti speciali e le inquadrature erano quasi tutte fisse. Non esisteva lo zoom, infatti, e muovere le macchine da presa per ottenere diverse inquadrature in una stessa scena era molto complesso perché si trattava di macchinari pesanti e ingombranti. Soprattutto quel cinema era senza parole, era il cinema muto perché non esisteva modo di registrare assieme e sincronizzare immagini, voci e suoni. Nelle sale cinematografiche le pellicole venivano accompagnate dal suono di un pianoforte o di un’orchestrina (nei cinema più lussuosi). Le immagini venivano inoltre inframezzate da didascalie che spiegavano costa stava succedendo sullo schermo, didascalie lette spesso da uno speaker perché buona parte del pubblico era analfabeta.

Alcuni spettatori addirittura si specializzavano nel leggere le labbra degli attori che recitavano sullo schermo così da capire cosa stessero dicendo. Il cinema divenne sonoro solo nel 1927 e i film parlati si diffusero a partire dagli anni Trenta. Per risolvere il problema della lingua nei film stranieri venne inventato anche il doppiaggio. Nei primi anni, però, non era possibile doppiare e accadeva di girare lo stesso film in più lingue e con attori diversi così da vendere la pellicola in più nazioni possibile.

Insomma, le storie da raccontare sul cinema e sul suo mondo sono veramente tante e il volume di Beatrice Sorrentino vuole essere un invito a scoprirle e a scoprirne i protagonisti. Attraverso un taglio narrativo accessibile sia al cinefilo esperto sia al neofita, si prendono in esame le più importanti tappe artistiche, storiche, tecnologiche, sociali che hanno segnato la storia della settima arte: il cinema muto e la stagione d’oro di Hollywood; i generi e il cinema d’autore; i movimenti, le scuole, le correnti; il neorealismo e le vague; la New Hollywood, il cinema postmoderno, la crisi della sala e la risposta dei cinecomic, delle saghe e dei reboot, sino alle sfide dei nuovi linguaggi nell’era delle piattaforme on demand. Tutto questo in un’opera che si affida a una pluralità di voci nel tentativo di offrire sguardi diversi, prospettive non univoche nel definire una rotta per orientarsi nel flusso continuo delle immagini in cui ormai siamo immersi. Obbiettivo: provare a divertirsi guardando al passato con gli occhi del presente, con la possibilità di sorvolare o approfondire, accelerare e rallentare, soffermarsi o saltare a piè pari, persino riabilitare, sempre portando doveroso rispetto per gli intoccabili maestri, ma senza farsi troppo inibire da dogmi precostituiti o da eccessivi timori reverenziali.

Se l’obiettivo è informare sulle origini, la volontà principale è di creare una connessione con il presente, avventurandosi a ragionare sul futuro. Quello di un cinema diverso da ieri e da oggi, ma sempre e comunque cinema.

© Riproduzione riservata