Amate i dischi in vinile? Vi siete appassionati alla nuova edizione televisiva del Rischiatutto o della Corrida? Non vedete l'ora di vestirvi come i paninari anni Ottanta? Allora anche voi siete "vittime" di un fenomeno chiamato marketing del vintage, retro-marketing oppure, per dirla all'italiana, semplicemente "economia della nostalgia".

In sintesi, sempre più aziende guardano al passato per vendere oggi, riproponendo vecchi prodotti, ovviamente adattati e perfezionati all'epoca contemporanea, oppure riesumando antiche abitudini. Così possiamo di nuovo trovare nei negozi il Nokia 3310, uno dei telefonini cellulari più venduti della storia, oppure le t-shirt della Champion, marchio molto di moda qualche decennio fa. O ancora: sono ritornati in voga straclassici come i jeans Roy Rogers o le scarpe da tennis Stan Smith oppure una abitudine fino a qualche tempo fa considerata completamente demodé come farsi radere la barba dal barbiere… che però oggi si chiama barber'shop.

Ma perché il passato è una miniera d'oro per le aziende? Prima di tutto, c'è l’effetto nostalgia. Il presente non è il massimo, in futuro non ci rassicura allora cosa c'è di meglio che rifugiarsi nel passato, nei cibi, nei vestiti, negli oggetti di ieri. Le aziende lo sanno e si muovono di conseguenza perché la nostalgia è un ottimo sistema per sollecitare le emozioni delle persone e portarle ad agire. Cioè ad aprire il portafogli. Secondo fattore è la fiducia: se un brand dura da tanto tempo vuol dire che non tradisce i suoi acquirenti. Vuoi quindi mettere l'ultima versione della Vespa con un qualsiasi scooter anonimo, per quanto modernissimo e iper-accessoriato?

Poi il passato è rassicurante. Da lì arrivano storie che un po' tutti conosciamo e in cui tutti ci riconosciamo. Dal punto di vista del marketing recuperando un prodotto di ieri un'azienda non ha bisogno di inventarsi granché per promuoverlo. Basta raccontare quello che è già accaduto utilizzando le moderne piattaforme digitali come le app oppure i social network. Se poi il revival funziona, il guadagno supera di gran lunga l’investimento. Se non funziona non si sono investite comunque tutte quelle risorse che servono per spingere una novità.

Infine, il passato funziona perché c'è un vasto target di riferimento disposto a recepirlo. Il marketing della nostalgia si rivolge soprattutto a coloro che sono nati tra la fine della Seconda guerra mondiale e l'inizio degli anni Ottanta e si tratta di tantissimi potenziali clienti perché quelli furono decenni di baby-boom un po' ovunque. Inoltre, si tratta solitamente delle persone che oggi hanno maggiore potere d'acquisto perché si erano costruite una certa sicurezza prima della crisi economica del nuovo millennio. Ergo, sono un boccone molto appetibile per le aziende.

Rimane da chiedersi dove ci porta tutto questo passatismo e se non sarebbe meglio puntare le risorse a disposizione per creare qualcosa di nuovo piuttosto che per riesumare il passato. Alla lunga, infatti, il revival limita la creatività e raffredda la propensione a osare. Il rischio è quindi di non avere quelle novità che possono diventare motivo di nostalgia domani. Insomma, sappiamo cosa è rimasto degli anni Settanta e Ottanta, ma cosa rimarrà di questo primo spicchio di Terzo Millennio?
© Riproduzione riservata