"Sono ancora romantico e lo voglio dimostrare con i colori dei miei paesaggi, quelli del mio Sulcis, quelli della natura che ad ogni stagione ci regala nuove immagini e incredibili sorprese". Una natura che Ielmo Cara, classe 1934, conosce talmente bene da essere stato capace di sottrarle il segreto più prezioso, quello che ha dato all'artista, decano dei pittori del Sulcis, l'incredibile capacità di rinnovarsi, anno dopo anno, di sperimentare mille strade e riuscire, allo stesso tempo, a conservare quell'animo "romantico" che è possibile ritrovare nella sue più recenti opere. Sono quelle che hanno portato alla sua ultima mostra a Carbonia, che ha animato il novembre appena trascorso, centinaia di visitatori. Cara, in queste opere, è ritornato ai temi che hanno fatto parte della sua vita sin da quando ha messo piede nel Sulcis. È nato nel 1934 a Gavorrano, figlio di emigrati sardi che avevano poi deciso di ritornare nell'Isola quando era lui poco più che bambino. Erano gli anni in cui vedeva la luce la città del carbone ma lui, nel paese dei suoi nonni, a Narcao, non conosceva ancora i colori e i "luoghi" della città. Un medico gli aveva regalato un blocco di fogli bianchi e delle matite colorate e lui su quei fogli ha cominciato a raccontare il suo mondo. Campi di spighe, alberi in fiore, i pastori al pascolo con le greggi, contadini impegnati nel lavoro dei campi, quello che rende le mani nodose e il viso bruciato dal sole in estate e dal freddo in inverno. Sono questi i protagonisti di quei disegni che, anno dopo anno si fanno più elaborati e intanto il giovane artista, nella città del carbone, scopre nuovi spazi, nuove forme, nuove idee. Dai monotipi alle esplosioni di colore, anno dopo anno la sua tecnica si affina, Ielmo incomincia a guardarsi attorno, osserva il lavoro dei grandi della pittura e ne trae ispirazione.

È poco più che ragazzo quando, lavorando nella falegnameria del Comune di Carbonia, scorge un gigantesco quadro che viene utilizzato per fare da spessore a un vecchio armadio: «Era uno dei capolavori del Forlin, il pittore futurista amato dal regime fascista - racconta - come tutte le opere del periodo del Duce era stato fatto sparire. Mi stupii che non fosse stato distrutto. Chiesi di poterlo salvare, dietro quell'armadio avrebbe avuto poca vita. Quando qualche tempo dopo allestimmo la stanza del comandante dei vigili proposi di appenderlo dietro la scrivania e il comandante acconsentì a patto che lo rendessi presentabile. Comprai delle uova e con il tuorlo realizzai una sorta di vernice per rimettere in sesto le parti rovinate. Con delle patate lucidai la cornice che era stata fatta da un artigiano di Gonnesa e in poco tempo il quadro riacquistò il suo splendore". Ora è esposto nell'ufficio del sindaco: "L'unico restauro risale ad allora - dice l'artista con una certa fierezza - feci un bel lavoro, ne sono davvero soddisfatto".

La sua arte all'epoca era solo agli albori e i suoi paesaggi, abitati dai personaggi del Sulcis, hanno iniziato a diventare famosi.

Ielmo Cara con il suo quadro a L'Unione Sarda
Ielmo Cara con il suo quadro a L'Unione Sarda
Ielmo Cara con il suo quadro a L'Unione Sarda

Usava (e usa ancora) un taccuino sui cui prendeva "appunti" delle scene che conquistavano la sua attenzione e poi da quei pochi schizzi, nascevano incredibili esplosioni di colori. Il mondo delle miniere, delle industrie del Sulcis, della povertà, delle lotte operaie e della disoccupazione li ha raccontati in parallelo alle tante storie delle campagne e dei pascoli del Sulcis. Alla redazione di Carbonia de L'Unione Sarda un suo grande quadro racconta una manifestazione degli operai Carbosulcis e tra i colori e i volti (tra i quali anche il suo) compare un articolo del quotidiano: "È un quadro sempre attuale - dice - qui la gente non ha mai smesso di lottare". E il suo sguardo di artista ha continuato a raccontare la sua gente. Celebre la sua mostra "I volti della memoria", un susseguirsi di volti carichi di storie, di dolore, di angoscia di un popolo intero, realizzati con smalto e pennellaccio su tela, con la tecnica del monotipo a lui tanto cara sin dai suoi esordi da artista. Un bianco e nero carico di sentimento e sofferenza, quella che lui ha conosciuto in prima persona e che è stato capace di trasmettere, portando il "suo" pubblico nel "suo" mondo.

Ma poi non si è fermato. Alcuni anni fa, mettendo da parte volti e paesaggi, ha spiegato che non ci si deve mai fermare ma che si deve avere sempre voglia di cambiare e sperimentare nuove vie, utilizzando tecniche miste sperimentali con lo stile dell'espressionismo astratto. Lo ha raccontato con efficacia nella sua mostra "Dopo il duemila - motivo ancestrale" che ha riscosso enorme successo senza però fermare la sua voglia di andare avanti.

Nella raccolta "Pittori di Carbonia" voluta alcuni anni fa da L'Unione Sarda non poteva mancare una delle sue opere e Ielmo l'ha scelta dalla sua produzione "classica", la stessa alla quale è tornato la sua mostra che si è appena chiusa "Sono ancora romantico". Ora gli 85 anni si avvicinano. Ielmo li compirà il 16 marzo 2020, ancora non ha deciso con quale stile affronterà il suo prossimo lavoro.
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