I grandi artisti hanno sempre parlato con le immagini, piuttosto che con le parole. Facciamo un esempio per capirci: nel Medioevo cicli pittorici e sculture non erano opere d’arte. Erano dei “libri” di colore e pietra. Nella propria opera di diffusione del cristianesimo, infatti, la Chiesa dovette fare i conti con il diffuso analfabetismo delle popolazioni. Sia tra la nobiltà, sia tra il popolo erano ben pochi coloro che sapevano leggere e scrivere e la trasmissione del messaggio cristiano doveva passare attraverso canali alternativi. C’erano naturalmente le parole dei predicatori e dei sacerdoti, ma nulla era più efficace delle immagini per coinvolgere le masse degli illetterati. Insomma, l’arte nel Medioevo doveva stupire e affascinare, ma soprattutto educare. È bene ricordare che gli edifici religiosi nel Medioevo non erano solo strutture architettoniche spesso imponenti e in pietra, quando le abitazioni della maggior parte della popolazione erano piccole e in legno e paglia. Avevano tutti una decorazione pittorica o scultorea e non li si considerava finiti se questa decorazione non era completata. Il programma iconografico, infatti, poteva mostrare temi molto vari, ma era pensato per accompagnare il fedele in un percorso di crescita spirituale. Nelle chiese aperte al pubblico spiccavano le storie della Bibbia e legate al Vangelo oppure episodi famosi ed edificanti della vita dei santi. In quest’ottica sono nati, solo per fare un esempio, i cicli di affreschi di Giotto della basilica di San Francesco ad Assisi, tutti incentrati sulle vicende del fondatore dei frati minori.

Gli artisti però in molte loro opere hanno nascosto dettagli ed enigmi che andavano bene al di là degli evidenti intenti educativi e celebrativi delle loro opere. È quello che ci racconta lo storico dell’arte Costantino D’Orazio nel suo Enigmi e misteri dell’arte (Piemme, 2025, euro 17,50, pp. 128) in cui vengono svelati i segreti di venti capolavori che un po’ tutti conosciamo.

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A volte nelle opere d'arte troviamo quindi dei particolari enigmatici: sono piccoli misteri disseminati dagli artisti nei dipinti. Di fronte a questi misteri, come spiega D’Orazio, non bisogna mai fermarsi di fronte a quello che non capiamo: vale sempre la pena farsi delle domande, soprattutto se si è giovani.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Un esempio di quello che ci aiuta a scoprire D’Orazio lo troviamo in un quadro all’apparenza semplicissimo da interpretare: il Doppio ritratto dei duchi di Urbino, con i ritratti dei coniugi Federico da Montefeltro e Battista Sforza, opera di Piero della Francesca databile al 1465-1472 circa, e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Se si guarda bene questo dipinto, però, nascono alcune domande. Ci si comincia a chiedere perché i due sposi, invece che affiancati, siano uno di fronte all’altro, separati da una cornice, e siano dipinti di profilo. Ebbene, sono di profilo perché nel Rinascimento i personaggi importanti amavano imitare le raffigurazioni degli imperatori romani impresse su medaglioni e monete. Il profilo, come spiega D’Orazio, «era diventato sinonimo di potere, importanza, nobiltà. In più il profilo permette di non svelare alcuna emozione, in modo da mostrare i duchi come divinità prive di sentimenti». Sempre guardando il dipinto ci si accorge che il duca è abbronzato, mentre la moglie ha la pelle bianchissima. Questo perché la pelle più scura indicava che il duca era un condottiero, che aveva condotto parte della sua vita sotto il sole, all’aperto, sui campi di battaglia. Battista Sforza mostrava invece la pelle lattea di chi era nobile e non aveva alcun bisogno di esporsi al sole per lavorare. Se poi guardiamo gli abiti della coppia ducale vediamo che lui è vestito di rosso, il colore simbolo del potere imperiale mentre la duchessa ha un abito nero, in cui spicca la manica impreziosita da ricami. Questo perché nel Rinascimento le maniche erano la parte più preziosa dei vestiti delle dame e potevano essere staccate e sostituite a seconda dell’occasione e dello sfarzo che si voleva mostrare. Insomma, quante domande e quanti segreti sorprendenti e in un solo dipinto.

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