Sta per cominciare la notte di Halloween, il precoce tramonto autunnale e la prima uggia novembrina, quest'anno sembrano proprio la cornice ideale. Ma già dall'antivigilia, nei cortili delle scuole, dal panettiere, sui social, impazza, come ogni anno, la diatriba tra coloro che si preparano a festeggiare la notte più paurosa dell'anno e gli strenui difensori delle "tradizioni autentiche".

La questione agita gli animi, si fa per dire, lungo tutto lo Stivale. C'è chi propone merende per bambini a base di ragnetti dolci, biscotti alle mandorle "dita di morto" e torte di zucca e porta in giro per le strade streghette e fantasmini, e chi organizza party esclusivi a base di Bloody Mary per sexy vampiri e lupi mannari per tirare fino all'alba insieme a Jack O'Lantern. Altri propongono una riscoperta della festa cattolica di Onissanti con recita in costume nelle parrocchie e dolci della tradizione, per i più piccoli, e meditazioni sulle vite dei santi per gli adulti.

Halloween in Sardegna (foto Massimo Ledda)
Halloween in Sardegna (foto Massimo Ledda)
Halloween in Sardegna (foto Massimo Ledda)

La Sardegna, crocevia di popoli nei secoli, per via della sua posizione al centro del Mare Nostrum, con disinvoltura sembra muoversi tra queste diverse tendenze, riscoprendo un'anima arcaica e strizzando l'occhio alla modernità. Accanto alle feste in maschera per ragazzi organizzate un po' ovunque nell'Isola, resiste, infatti, a dispetto del trascorrere del tempo, una tradizione che, per età, non ha niente da invidiare alla più famosa Halloween di ascendenza celtica. E, se altrove ci si chiede Halloween o Ognissanti?, in Sardegna si risponde in modi diversi: al Sud, "Is panixeddas", sulla Costa orientale " Petticocone", nel nuorese "Su mortu mortu". Non sono formule magiche, solo le frasi che i bambini sardi di tutte le latitudini, rivolgono a chi apre loro la porta durante le giornate di Ognissanti e della commemorazione dei defunti, sperando nella benevolenza dei padroni di casa, e porgendo i loro sacchetti che sperano di trovare pieni di dolci e qualche soldino, a fine giornata. E così, il più famoso "dolcetto o scherzetto?" (trick or treat?) dei bambini anglofoni, trova un lontano parente nelle varianti del sardo, parlato da sempre meno bambini, ma che, evidentemente, mantiene un suo fascino per i piccoli che sciamano nelle strade dei paesi a caccia di dolcezze. Poco importa se alla tradizione dei "iaios" ( i nonni) si mescola un po' di modernità e i nuovi sardi si travestono come i loro colleghi irlandesi e americani, da mostri poco paurosi. Ancor meno importa, a questi gruppetti che attraversano vocianti vicoli e cortili, di essere gli eredi di una tradizione arcaica che affonda le sue radici in un sentimento religioso, forse antico come i nuraghi che ancora vegliano le alture sarde.

Halloween a Berlino (foto Carstensen)
Halloween a Berlino (foto Carstensen)
Halloween a Berlino (foto Carstensen)

Non è, infatti un caso, che proprio i bambini siano i protagonisti di questa ricorrenza che il cristianesimo ha sigillato nel ricordo dei Santi e dei fedeli defunti, ma che è certamente preesistente alla predicazione di Gesù di Nazaret. Le antiche civiltà sarde riservarono, infatti, alle anime di chi è passato all'altra riva, sempre un posto vicino alle divinità protettrici della casa e della famiglia. Nei giorni (per noi i primi di Novembre) che vedono l'accorciarsi delle ore di luce, l'addormentarsi della natura, l'apparente sterilità dei campi e l'arrivo del freddo, le tribù primitive cercavano un contatto con quelle anime che popolavano il regno delle ombre, per ottenere la loro benevolenza e protezione e, forse, per esorcizzarne il ritorno. Come per tutte le civiltà arcaiche i morti sceglievano dei messaggeri particolari a cui affidare le benedizioni per i loro parenti in vita, o la richiesta di qualche preghiera: i bambini.

I bambini della Barbagia pronti per chiedere "su mortu mortu" (foto Massimo Ledda)
I bambini della Barbagia pronti per chiedere "su mortu mortu" (foto Massimo Ledda)
I bambini della Barbagia pronti per chiedere "su mortu mortu" (foto Massimo Ledda)

Coloro che ancora non sono entrati nell'età adulta, infatti, come anche i viandanti e i pellegrini, tutti "gente di passaggio", hanno la capacità, per gli antichi, di interpretare la lingua dei morti e di portarne i messaggi. Come, allora, non accogliere con gioia quei bambini arrossati e infreddoliti che chiedono in coro "a nollu dazes su mortu mortu?" (ce lo date un dono per i morti?), o minacciano scherzetti? Dar loro papassinos, frutta secca e i primi agrumi, o i cioccolati reclamizzati in tv, in fondo cosa cambia? Ieri come oggi lo si fa, forse inconsapevolmente, sperando che questo povero cibo sia di conforto alle anime che vagano, solo per poche notti, invisibili sulla terra.
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