Gavino Sanna, forse tra i sardi più famosi nel mondo, l'uomo della pasta Barilla, dei successi americani e delle tante invenzioni, vive da tempo a Milano, ma con la Sardegna sempre nel cuore. Dopo due anni, quasi tutti segnati dalla terribile pandemia, torna nell'isola. C'è la sua azienda da coltivare e tanti amici da rivedere con gioia

Che cosa fa Gavino Sanna oggi?

“Vivo a Milano per obbligo. Quasi due anni chiuso in casa per il Covid. Mia moglie Lella esce solo per comprare i giornali. Speriamo di essere usciti dal tunnel, ma tutto questo è stato terribile”.

Come mai il momentaneo rientro in Sardegna?

“Sono quasi astemio, ma la mia scelta è stata da tempo di fare il vinaiolo, nel profondo Sulcis, a Sant'Anna Arresi, dove ho creato la cantina Mesa, in cui lavorano tanti giovani locali di buona volontà. Abbiamo appena battezzato il nuovo vermentino, come nome le due iniziali di Gavino, Lella, Sanna (Galesa). Ne ho anche approfittato per incontrare dei cari amici e posare un fiore sulla tomba dei miei genitori nel camposanto di Porto Torres, la mia città natale.

Come ha trovato la Sardegna? Ma soprattutto cosa pensa della sua gestione economica e soprattutto culturale?

“La Sardegna è quella di sempre. Una terra inutilmente meravigliosa. Un luogo magico bistrattato dai politici, ma anche purtroppo a volte dalla sua gente, che si porta dietro un fardello centenario: l'invidia. Ne uccide più lei che la malaria. Su questo aveva ragione Emilio Lussu. Un peccato, perché il sardo ha anche pregi straordinari e una cultura unica, che andrebbe valorizzata ed è invece in mano ad incapaci. Gente che fa scimmiottare in giro per il mondo stereotipi come nuraghi, fatti di plastica o carta pesta, mentre la gente all'estero non sa neppure cosa siano. La Sardegna è composta innanzitutto da donne e uomini veri”.

Secondo lei cosa si dovrebbe fare per valorizzarla?

“Creare un miracolo, perché i miracoli esistono e derivano dalla gente. Bisogna rendere i sardi consapevoli del loro valore e della loro storia, porre al centro di tutto il sentimento e non le mode e le bizzarrie del momento. C'è la pubblicità di una marca di birra sarda che rende abbastanza bene l'idea della Sardegna. Ma è realizzata da un inglese”.

Nello specifico su cosa punterebbe? 

“Sulla nostra cultura e sull'orgoglio, che però bisogna tradurre in immagini, che facciano diventare la nostra isola una favola vera, ossia ciò che è. Questa è la semplice ricetta ed insieme un delicato tocco magico. Io in questo senso avrei tante idee, che vorrei donare ai sardi. A dire il vero per questo sono stato più volte contattato dai politici sardi che contano e hanno contato”.

Come è andata a finire?

“Male, molto male. Non hanno mai lasciato concludere i miei lavori. Nell'ultimo caso sono stati persino rifiutati, da gente che non sa assolutamente nulla. Questo mi ha profondamente amareggiato, come pubblicitario ma anche come uomo. Un uomo che ha prestato le sue capacità persino al Governo degli Stati Uniti. E ha ottenuto risultati”.

Faccia un esempio.

“Un giorno, durante il mio lungo soggiorno americano, a New York mi chiamò Richard Nixon, allora presidente degli Stati Uniti. Entrai nel suo ufficio e si dimostrò abbastanza arrogante nei miei confronti, mi disse persino che non aveva fiducia negli italiani, ma che gli avevano parlato bene di me. Mi fece notare che si vendevano troppe macchine giapponesi e che io avrei dovuto far ritrovare agli americani la fiducia nelle auto prodotte nel loro paese. Mi mise a disposizione un budget impressionante e si aspettava in un anno una crescita di vendite del 10 per cento. Col mio staff ci immergemmo nel lavoro. Contattammo John Wayne, Humphrey Bogart ed altri grandi nomi. Valorizzammo la famiglia e lo spirito statunitense. Fu un grande successo e la vendita di auto americane in un anno aumentò del 17 per cento. Per me fu una grande soddisfazione, ma è stato anche un caso in cui le istituzioni diedero carta bianca a chi sapeva fare il suo mestiere. Diversamente da quanto avviene da noi in Sardegna”.

Lei quindi non ha nemmeno in questo senso fiducia nelle Istituzioni sarde?

"Assolutamente no, e i nuovi politici sardi sono in genere decisamente peggio di coloro che li hanno preceduti. Non vedono un palmo lontano dal loro naso, senza programmazione, tutti intenti a coltivare il proprio orticello. Una desolazione e una grande delusione”.

Ma possibile che non ci sia un sardo in grado di raccontare la Sardegna?

“Mi piace ad esempio come la racconta un anziano sardo, che però è nato a Leggiuno, in provincia di Varese, ma venne in Sardegna da ragazzino. Si chiama Gigi Riva, giocava n.11 ed era un gladiatore. Nessuno più di lui riesce a raccontare i sardi e ad immortalarne i loro valori. Gigi quando parla della Sardegna mi emoziona, con la sua fierezza e straordinaria semplicità.  È lui il migliore pubblicitario della nostra terra ed è  questa la strada da seguire. Altro che nuraghi di plastica”.

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