Sono tanti gli episodi della vita di Gandhi che sono entrati nella storia e hanno contribuito a mutarne il corso. Alcuni di questi episodi hanno cambiato anche le vite di sei ragazzi che hanno intrecciato il loro cammino con quello del Mahatma, “la Grande Anima” come veniva chiamato questo grande protagonista del Novecento.

Giovani come Khoi che si sente trattato per la prima volta con rispetto e gentilezza; Laxmi che riceve da Gandhi il suo primo paio di sandali e un sogno per il futuro; Seth e Kedar coinvolti nella prima grande azione di protesta contro una legge discriminatoria; il piccolo Srinivasa che durante la storica marcia del sale impara a riconoscere il valore di un uomo; Vittoria che comprende finalmente il significato della parola libertà e infine Sushila che scopre il senso di un sacrificio fatto per amore.

Attraverso queste vicende Chiara Lossani con il suo Gandhi (San Paolo Edizioni, 2022, Euro 16, 00, pp. 192. Anche Ebook) compone un romanzo a più voci che mette in contatto i ragazzi con Gandhi e la sua lotta per l'emancipazione dell'India, guardandola dal punto di vista di altri giovani che vivono sulla loro pelle le conseguenze delle ingiustizie contro cui si batteva il Mahatma.

Come è nato questo suo libro dedicato a Gandhi?

“Dopo un viaggio in India negli anni Ottanta del Novecento cominciai a interessarmi a Gandhi. Poi, quando qualche anno fa un editore mi chiese un racconto su di lui, approfondii anche i suoi scritti e guardai alcuni preziosi filmati storici. Per me fu una rivelazione, un incontro vivo, che mosse riflessioni e azioni. Decisi che avrei continuato a raccontarlo, ma oltre ogni retorica sulla sua figura, spesso manipolata e fraintesa”.

Come ha deciso allora di raccontare Gandhi?

“Nel mio romanzo Gandhi è uomo fra gli uomini: non era un eroe, aveva un profondo senso di autocritica e visse con sofferenza alcune contraddizioni personali che lo segnarono dolorosamente. Il rapporto col figlio, per esempio, che prese pubblicamente posizione contro di lui, e lo abbandonò morendo alcolizzato. Gandhi era consapevole dei propri difetti e fu sempre alla ricerca della verità dentro di sé. Lo chiamavano Mahatma, ma lui si amareggiava: ‘Non sono una Grande Anima, sono un semplice contadino indiano’”.

Che caratteristiche hanno le storie che lei racconta nel libro?

"Sono storie di presa di coscienza e di testimonianza che hanno per protagonisti ragazze e ragazzi che raccontano il loro incontro con Gandhi in momenti cruciali della sua pratica contro ogni violenza. Il lettore, a sua volta, lo incontra attraverso il loro sguardo, e resta attonito davanti al suo non reagire con violenza alla violenza. Sorride alle sue battute e ammira il suo coraggio nell’affrontare a mani nude i soldati. Si stupisce della sua capacità di compassione anche per gli assassini. E si stupisce delle sue strane abitudini: pulire le latrine al posto degli intoccabili, o filare il cotone indiano all’arcolaio per due ore ogni giorno. Incontrare Gandhi per incontrare sé stessi, per sperimentare sé stessi, insieme a lui e in cammino con lui. Questo è il senso del romanzo e del mio lavoro”.

Il libro (foto concessa)
Il libro (foto concessa)
Il libro (foto concessa)

Perché si tratta di un personaggio che vale la pena di conoscere nonostante siano passati più di 70 anni dalla sua morte?

“‘Siate voi il cambiamento che volete vedere nel mondo’, diceva Gandhi, sostenendo che prima di combattere i pregiudizi degli inglesi, gli indiani dovevano combattere quelli dentro di loro. Una pratica davvero rivoluzionaria, che per primo sperimentava. Questo ribaltamento rispetto al pensiero comune, alla nostra comune struttura mentale, credo sia assolutamente necessario nel momento di difficoltà che viviamo. Solo ribaltando le abitudini mentali, le convenienze e le inerzie di sistema dentro di noi, potremo trovare nuove strade per affermare la pace e migliorare la vita sulla Terra. Gandhi ci può aiutare a capire e a capirci. Il suo metodo può offrirci prospettive nuove: siamo prigionieri di noi stessi e dobbiamo imparare a guardare oltre, a cercare nuovi pensieri e azioni. Gandhi può mostrarci la via”.

Perché la scelta di scrivere un libro pensato soprattutto per i giovani?

“Volevo raccontare di coscienze in crescita, cosa che non significa che il romanzo non possa essere letto dagli adulti: è l’atteggiamento quello che configura un lettore… Per i giovani è una grande opportunità conoscere Gandhi, incontrarlo all’interno di esperienze in cui si possono identificare. Gandhi sa aprire varchi di preziosissima coscienza, muove parti profonde in chi lo avvicina, e non solo in chi l’ha incontrato davvero - ci restano tante testimonianze in questo senso - ma anche in noi che abbiamo la fortuna di leggerne le vicende e di studiarlo. Io credo che Gandhi possa accendere nei giovani quella ‘piccola luce gentile’ che guidò la sua esistenza. Ciò che diceva lui era pur nei limiti e nei difetti. E questo lascia affascinati i ragazzi, non abituati al profondo contatto con sé stessi, a cui aderivano da bambini ma che poi hanno dimenticato. Gandhi li riporta lì, alla propria Verità. In uno dei racconti, una ragazza inglese deve scrivere un tema su cos’è la libertà, ma non ci riesce, non sa cosa sia... finché non incontra Gandhi”.

Cosa può insegnare Gandhi alle nuove generazioni?

“Ogni sua azione fu contro i pregiudizi: sessuali, di appartenenza a caste, status sociali, religioni diverse. Ma la chiave della sua grandezza sta nel comportamento. La prima battaglia la combatteva con sé stesso, cosa che gli valse l’amore e il rispetto del mondo, non solo degli indiani. Ed è ciò che conquista i giovani protagonisti del romanzo e, spero, conquisterà i lettori e le lettrici”.

In cosa Gandhi ci può essere d’aiuto nel tempo presente?

“La sua attualità credo sia ben riassunta da una frase che mi disse un dirigente scolastico: ‘Lo dica alle ragazze e ai ragazzi, che la vera forza, il coraggio, non è tirare pugni.’ Gandhi è universale, oltre ogni epoca, perché con la sua teoria e la sua pratica affronta il tema della violenza individuale e collettiva, i conflitti tra persone, il pregiudizio, l’importanza delle scelte consapevoli, della responsabilità di sé. A chi si pone la domanda: ‘Come risolvo i conflitti?’, Gandhi risponde: ‘Con l’amore!’. Un messaggio che egli trasmise con coerenza e leggerezza, ma anche con estrema fermezza: Gandhi non era arrendevole! Riteneva che la viltà fosse peggiore della violenza, e cercò una parola che rappresentasse il coraggio e l’energia della sua lotta ma che non fosse ‘resistenza passiva’, espressione con cui non si identificava. Satyagraha: la forza della Verità e dell’Amore, ecco la parola che trovò, tutt’altro che passiva. ‘È probabile che le generazioni future stenteranno a credere che un uomo simile sia mai esistito sulla terra in carne e ossa’, affermò Albert Einstein. Ma Gandhi è esistito davvero e noi abbiamo il compito e la gioia di ricordarlo”.

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