La commozione si tagliava a fette nel cimitero di Milovice, in Boemia a quaranta chilometri da Praga.

In occasione dei cento anni della fine della prima Guerra mondiale, due famiglie di sardi sono tornati da quelle parti invitate anche dall'ambasciatore italiano nella Repubblica ceca Aldo Amati che ieri ha raggiunto la sua nuova sede di Varsavia.

Momenti toccanti attorno a quelle croci dove riposano da un secolo oltre seimila soldati, 5300 italiani, 250 sardi (morti durante la Grande guerra) che hanno trovato sepoltura.

Una famiglia è arrivata da Sinnai. Un'altra, dalla provincia di Lecco ma con origini di Cuglieri, provincia di Oristano.

Il cimitero di Milovice (foto Antonio Serreli)
Il cimitero di Milovice (foto Antonio Serreli)
Il cimitero di Milovice (foto Antonio Serreli)

Le famiglie Serreli e Saurra sono state ricevute all'ambasciata a poche centinaia di metri da Ponte Carlo, sul fiume Moldava. C'erano anche gli alpini e tutti si sono trattenuti con l'ambasciatore prima della visita al Cimitero di guerra.

Un viaggio in pullman da Praga a Milovice attraverso una infinita pianura.

Ad accompagnare sardi e alcuni continentali presenti è stata Eva Poddana, rappresentante dell'Associazione "Amici d'Italia" a Praga.

L'ingresso al cimitero di Milovice (foto Antonio Serreli)
L'ingresso al cimitero di Milovice (foto Antonio Serreli)
L'ingresso al cimitero di Milovice (foto Antonio Serreli)

Poi, ecco il cimitero che ti emoziona, la grande cerimonia, i soldati in gran divisa come un tempo, l'inno italiano e Ceco, "Il Piave mormorò" e poi l'inno italiano cantato da un coro di Praga. Quindi i picchetti d'onore, la deposizione di mille fiori e corone in una giornata di sole. Infine, la visita al piccolo museo dello stesso cimitero con armi recuperate durante nella zona e altri piccoli, grandi ricordi.

Milovice, anticamente Milowitz, divenne, fin dalla campagna di Napoleone contro la Russia nel 1800, luogo di deportazione dei prigionieri di guerra.

Qui, in Boemia, si moriva soprattutto di fame e di polmonite.

Sono tanti i sardi che ancora oggi scavano fra le pieghe del passato lontano, alla ricerca dei luoghi di sepoltura dei loro familiari morti in guerra.

Giuseppe Saurra, pensionato, ora residente in provincia di Lecco, dopo tante ricerche è riuscito a sapere che il nonno Francesco, di Cuglieri, è morto e sepolto cento anni fa, proprio nel cimitero di guerra di Milovice: "Una grande, grandissima emozione".

La cerimonia (foto Antonio Serreli)
La cerimonia (foto Antonio Serreli)
La cerimonia (foto Antonio Serreli)

Negli anni Novanta, è stata Angela Serreli, di Sinnai a muoversi sulle tracce dello zio Raffaele, morto in guerra nel 1918. "Non mi sono arresa-ha raccontato-sino a quando sono riuscita a trovare il cimitero: lo abbiamo immaginato per tanto tempo in altre parti d'Europa e invece è qui, a Milovice, nel cuore della Boemia".

Quest'anno Angela Serreli è tornata a Milovice con Francesco Serreli, Maria Luisa Pisu e Luisella Saddi. Un pellegrinaggio per non dimenticare.

Sardi a Milovice nel ricordo dei familiari (foto Antonio Serreli)
Sardi a Milovice nel ricordo dei familiari (foto Antonio Serreli)
Sardi a Milovice nel ricordo dei familiari (foto Antonio Serreli)

Tanti i nomi di sardi morti qui in Boemia, durante la prigionia: fra questi, Salvatore Serra di Sassari, Antonio Nicola Usai di Baunei, Tonino Urru di Scano Montiferru, Giovanni Usai di Collinas, Pietro Urru di San Gavino, Giovanni Gitani di Tempio, Pietro Caddeo di Guspini, Antonio Batta di Nugheddu San Nicolò, Raffaele Serreli di Sinnai, Erminio Locci di Orroli, Ignazio piloni di Sanluri, Vittorio Mura di Sassari, Antonio Loi di Senorbì, Giuseppe Pillai di Iglesias, Giuseppe Boi e Giovanni Pinna di Cagliari, Antonio Ramini di Oristano, Pietro Urru di San Gavino, Giovanni Porcu di Belvì, Salvatore Pilia di Mogoro, Francesco Cogoni di Quartu, Giuseppe Cireddu di Porto Torres, Giuseppe Amaranto di Santulussurgiu, Luigi Aste e Lorenzo Pomata di Carloforte, Luigi Capretti di Cagliari, Francesco Saurra di Cuglieri, Giovanni Cocco di Tinnura, Luigi Cossu di Buddusò.
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