Questa settimana la nostra rubrica ospita la ricetta della zuppa gallurese, anche conosciuta come “suppa cuata”; ce ne parla Angelo Bianchi, titolare e cuoco della trattoria “La Gallurese”, locale di Tempio Pausania che può vantare 46 anni di esperienza.

Angelo comincia dall’ingrediente principale: «Noi usiamo il tricu ruju, pane di grano rosso; altrimenti qualsiasi pane raffermo da 2-3 giorni: l’importante è che non sia pane casereccio. Questo, si taglia a fette spesse non più di un centimetro e si dispone sulla teglia».

Angelo prosegue: «Si usa sia il pecorino semi stagionato che il casizolu. I due formaggi vanno preparati separatamente, in modo da essere distribuiti in parti diverse. Vengono poi conditi con prezzemolo e pepe nero a grani. Il brodo invece, va preparato con manzo e pecora».

Ma come tutti i piatti tradizionali, ogni famiglia apporta delle variazioni. Cosa evitare? Il brodo dev’essere senza dado, con sedano, carote, cipolla e un pugno di sale. Si fanno gli strati come per una lasagna, c’è chi aggiunge il brodo strato per strato. Altrimenti, si può coprire di formaggio solo l’ultimo strato e poi si aggiunge del brodo, così che i formaggi non si vedono più. A questo punto si mette in forno, a 240º per circa quaranta minuti.

Una volta che inizia a cuocere e gonfiarsi come un panettone, bisogna aspettare che si formi la crosta: la cosiddetta trixiulatura (in gallurese, croccantezza). Poi dipende da quanto la si vuole croccante: la si può lasciare 10 minuti in più per averla più abbrustolita.  

Angelo dà alcuni suggerimenti: «Anche il tempo di cottura del brodo è importante: più lo fai cuocere, più toglie l’anima alla carne. Bisogna mettere più carne bovina che non di pecora. Diciamo 2/3 bovino, 1/3 ovino».

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