È una vera e propria leggenda della street photography l’ospite d’onore di Muros de Arte, l’evento dedicato al muralismo, la street art e le controculture giovanili nel centro culturale Sa Manifattura, a Cagliari. Oggi alle 19, protagonista del talk “Il writing attraverso l’obiettivo” sarà Martha Cooper, 81 anni, nativa di Baltimora e poi trasferita a New York, dove per più di metà della sua vita ha ritratto la scena dei graffiti e della street art. Tra le sue opere Subway Art (1984), raccolta fotografica diventata una “bibbia” del suo genere. 

«Tutto è iniziato quando lavoravo al New York Post, per arrivare in redazione passavo in quartieri molto poveri. Un giorno incontrai un bambino che mi fece vedere la tag del suo nome, He3. È stata la prima volta che ho capito che le scritte che vedevo sui muri erano dei nomi», racconta. «Fu lui a presentarmi Dondi, un “king” della materia. Da quel momento iniziò la mia ossessione, capii che non si trattava di vandalismo, ma di arte». Un’arte che però spesso si dipana ancora al confine con l’illegalità. «Sì, tuttora molte forme sono illegali, e sono molto interessata a questo lato: i ragazzi rischiano la loro libertà per quell'arte».  

Per la fotografa è la prima volta in assoluto in Sardegna e a Cagliari. «Credo di essere arrivata nel periodo migliore possibile, pochi turisti e tempo bellissimo. Le stradine del centro storico mi hanno affascinata». Anche quelle strade contengono numerose scritte. «Non sono una fan dei graffiti sugli edifici vecchi. Ci sono dei bellissimi palazzi antichi che sarebbe meglio restassero puliti». 

Dove ha iniziato a fotografare Cooper, il contesto era ben diverso. «La mia idea era quella di star documentando un fenomeno esclusivo alla città di New York, dove c’erano problemi economici e luoghi come gallerie, la metropolitana, edifici in rovina», continua. «Invece è diventato un sentimento universale, che non ha a che fare con le condizioni della città ma con il voler lasciare un segno, un marchio potente come il proprio nome. Per questo il muralismo si è diffuso anche in luoghi puliti e con ottimi servizi sociali, come la Scandinavia».

Il prossimo passo sarà passare dai muri ai musei, come già avviene in alcuni casi? «I musei sono stati lenti a seguire tutto quello che sta succedendo, hanno iniziato a interessarsi solo di recente e si stanno ancora perdendo molto».

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