Avremmo tanti difetti, noi casteddaius. Ma una cosa di certo non ci manca, l'ironia (e anche l'autoironia) e il gusto per il paradosso. Ed è proprio da queste due caratteristiche nascono "is allumingius" (i soprannomi) che identificano i residenti dei quattro quartieri storici: Culus infustus alla Marina, Pisciatinteris (o pisciarrenconis) in Castello, Cuccurus cottus a Stampace, Inforracristus a Villanova. Ciascuno di questi soprannomi merita di essere raccontato nel dettaglio.

RICOSTRUZIONI - Vale la pena iniziare dal più curioso di tutti, da "Inforracristus" che, tradotto quasi alla lettera, significa "colui che inforna Cristo". Decisamente uno strano appellativo per un quartiere che è famoso per la sua religiosità: i riti della Settimana santa colpiscono anche chi cattolico non è. Riti che, pubblicizzati attraverso il web, attraggono anche tanti turisti da tutto il mondo. Un quartiere nel quale i residenti devono imparare a convivere con i ritocchi di campane delle tante chiese presenti (solo nella parte più antica, ci sono le chiese di San Domenico, San Giacomo, San Giovanni e San Cesello). Perché allora "is biddanonesus" sono "inforna Cristo"? Bisogna risalire a un lontano passato, quando il quartiere era qualcosa di decisamente diverso dalla Villanova fighetta e un po' snob che siamo abituati a conoscere. Due sono le spiegazioni di questo strano "allumingiu". Una, a dire il vero, poco credibile: Villanova (come suggerisce il nome stesso) fu l'ultimo quartiere storico cagliaritano a essere creato: accolse i tanti "biddaius" (paesani) che venivano a cercare fortuna in città. Non a caso, alcune abitazioni richiamano le architetture dei luoghi di provenienza. Addirittura, la stessa toponomastica ricorda quei tempi lontanissimi: via Giardini fu chiamata così proprio perché ogni casa aveva il suo giardino (a differenza di quello che accadeva negli altri quartieri). Tra i nuovi arrivati, si racconta, c'era anche una colonia di ebrei. Secondo questa ricostruzione, ogni volta che questi abitanti si ritrovavano tra le mani un crocifisso, lo bruciavano in spregio alla religione cattolica. Ricostruzione, però, non supportata da documenti storici.

ARTIGIANI E PANETTIERI - Molto più credibile è l'altra versione. Villanova era la zona degli artigiani e, in particolare, dei panettieri. Un ruolo fondamentale nella vecchia società cagliaritana. Tanto importante da essere "celebrato" anche a carnevale: una delle maschere tradizionali è proprio "sa panettera". Un ruolo così forte che, secondo qualche vecchio residente, Giovanni Antonio Piccioni a cui è intitolata una delle strade del quartiere, consigliere della città nel sedicesimo secolo, era il più importante fornaio di Cagliari. Magari, è soltanto una diceria ma serve a testimoniare il fatto che i panettieri erano fondamentali nella Cagliari antica. Ebbene, quel lavoro è rimasto, più o meno, invariato rispetto al passato. Certo, ci sono i panettieri industriali che producono quintali di pane utilizzando apparecchiature elettriche. Ma i fornai tradizionali continuano a usare le vecchie tecniche. Alimentano cioè il fuoco gettando nel forno a legna. Proprio come accadeva in passato. Allora poteva accadere che, per una ragione o per l'altra, il legno venisse a mancare. E, pur di tenere vivo il fuoco, in quei forni finiva qualunque materiale buono per la combustione. Mancava il legno? Ma di che cosa erano fatti i vecchi crocifissi? Di legno, appunto. E, allora, per alimentare quel fuoco sacro, poteva finire nel forno anche qualche crocifisso. "Inforracristus": coloro che gettano nel forno Gesù Cristo. Una leggenda, probabilmente. Difficile immaginare che i devoti fornai di Villanova commettessero un tale atto sacrilego. Ma "la calunnia è un venticello". E gli abitanti del quartiere si sono ritrovati appiccata addosso questa nomea.
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