Abbiamo mai pensato ai legami che uniscono una società ed agli effetti che essi hanno sul suo sviluppo, sulla sua coesione, sul benessere, sulla partecipazione alla crescita collettiva non solo economica, ma anche civile e morale?

Beh, forse è meglio che cominciamo a pensarci e, se necessario, a metterli in discussione.

Le nostre società, compreso il microcosmo della nostra Isola, hanno legami governati da una struttura gerarchica. Pertanto il potere continua ad essere incarnato da strutture gerarchiche centrali e verticistiche alle quali si accede per elezione e spesso per cooptazione. In questo ordinamento il potere di un individuo è proporzionale al gradino che occupa nella scala organizzativa di uno Stato, di una istituzione.

Non solo, il suo potere si manifesta in maniera verticistica verso il basso ed è solamente condizionato da un potere gerarchico che proviene da un gradino più alto. Per tutti gli altri, per noi cittadini, non c’è possibilità di condizionare questo potere perché possiamo sostituire i responsabili della struttura gerarchica ai vari livelli, con le elezioni, ma essa continuerà ad esistere.

Prendiamo i sindaci. Hanno un potere gerarchico correlato alla tipologia del Comune. Ma anche loro sono il nodo di una struttura gerarchica verticale. Senza fare generalizzazioni tutti conoscono, sanno come sia difficile comunicare con questo potere gerarchico. La distanza fra i sindaci e i cittadini ha bisogno di essere colmata. In altri periodi storici la rete ha avuto un ruolo centrale. Per rete si intende una struttura organizzata orizzontalmente nella quale il potere di un individuo dipende dal ruolo che occupa. Ma a differenza del potere gerarchico la capacità della rete è quella di influenzare con la conoscenza, con la ricerca, con la riflessione non solo gli appartenenti alla rete, ma comunità più ampie.

Il centro storico di uno dei Comuni sardi (Archivio L'Unione Sarda)
Il centro storico di uno dei Comuni sardi (Archivio L'Unione Sarda)
Il centro storico di uno dei Comuni sardi (Archivio L'Unione Sarda)

La nostra Isola non ha mai sviluppato strutture orizzontali che potessero influenzare la sua coesione e lo sviluppo. Ognuno dei 377 paesi ha preso forma come comunità identitarie e poco connesse fra loro. In apparenza può sembrare un valore avere un proprio costume, un pane tipico, un dialetto con sfumature diverse anche all’interno dello stesso paese.

E poi le appartenenze territoriali così marcate. Questo ha portato alla frammentazione delle aspettative e al bisogno di rimarcare la propria identità ignorando volutamente che solo l’unione fra Comuni avrebbe potuto garantire una loro sopravvivenza. La cooperazione e le cooperative non hanno mai trovato spazio nel nostro tessuto sociale. Il potere gerarchico dei sindaci anche del più piccolo dei paesi ha ignorato la ricchezza delle reti e poco si è speso per la loro diffusione. Potrebbero farlo coinvolgendo nella amministrazione della loro comunità tutti i cittadini, ciascuno per le loro competenze senza paura di veder offuscata la propria persona.

Ma l’ostacolo è la mancanza di un senso di appartenenza comune e una visione della nostra storia che ci unisca e ci faccia aspirare ad un futuro condiviso. Il richiamo ad una nazione sarda, sotto quest’ottica, pertanto è vacuo.

La rete a cui ho accennato storicamente si è affermata in società coese nelle quali il rapporto sociale era molto stretto e aveva come scopo ad esempio l’aiuto reciproco come è stato per le reti di solidarietà (reti della Misericordia diffuse in molte regioni), del mutuo soccorso. Esse comunque avevano lo scopo di aggregare il tessuto sociale ed economico e per certi versi si contrapponevano alle gerarchie. La vitalità delle reti esprimeva la vitalità della società.

Mark Zuckerberg (Archivio L'Unione Sarda)
Mark Zuckerberg (Archivio L'Unione Sarda)
Mark Zuckerberg (Archivio L'Unione Sarda)

Oggi le reti sono favorite, incentivate dalla tecnologia. Mark Zuckerberg ha dato gli strumenti per mettere in rete i cittadini. Ora abbiamo gli strumenti per influenzare le nostre società, il potere gerarchico. Ma il pericolo maggiore è che il potere gerarchico usa le nostre stesse reti, quelle che adoperiamo ogni giorno, per influenzare allo stesso tempo noi cittadini.

È una lotta impari perché le strutture gerarchiche in apparenza saltano, ma chi ha padronanza della rete può in ogni momento, in ogni minuto della nostra giornata raggiungerci, mandarci messaggi, promesse, notizie, spingerci alla formazione di una opinione che riteniamo aver elaborato, ma che può essere incentivata dai messaggi della rete.

Ecco perché alla rete tecnologica dobbiamo sempre affiancare la rete fatta di relazioni sociali, di incontri, di confronti approfonditi. Per non restare intrappolati in poteri gerarchici che si muovono con le stesse nostre reti tecnologiche.

Antonio Barracca

(Medico specialista già dirigente ospedaliero, Cagliari)
© Riproduzione riservata