Il racconto è un genere non semplice. Prevede controllo sulla propria scrittura e sul proprio ego di autore, che magari sarebbe portato a debordare nel romanzo. Prevede consapevolezza, disciplina, un talento narrativo che sappia dialogare con la sobrietà. Solo affidandosi a queste doti ed educandole nel tempo si può ottenere una serie di racconti come quelli che vanno a formare “Adriana e le altre” (Bompiani, 2023, pp. 216, anche e-book), l’ultima fatica letteraria di Alain Elkann.

Sono storie di bambine, di donne, di madri, di figlie (ma non mancano le figure maschili) e in trasparenza storie tese di coppie che si perdono, si ritrovano, si trasformano. C’è Emma che per il suo dodicesimo compleanno vuole come regalo un maiale e scatena una disputa fra i genitori, salvo poi risolvere la questione da sola, con le sue risorse semplici di bambina, Intanto gli adulti si rendono conto con spietata desolazione che oramai non hanno più comunicazione né intimità se non attraverso i figli. C’è poi Marcella, che in un’isola greca aspetta l’arrivo della nipote Filomena e rilegge la sua vita, le frustrazioni, il percorso di moglie e madre. Marcella che attraverso la nipote riassapora, seppur fugacemente l’antica passionalità e sensazioni da troppo dimenticate. E ancora Sibilla, che indossa con disinvoltura una collana di rubini appartenuta a un maharaja e poi alla madre, persona affascinante quanto incapace di sopportare l’idea della vecchiaia.  Leini, che vola a New York a fare la nonna e si concede una nuova passione, ma va incontro al dramma più grande mentre Adriana, che offre il suo nome al titolo della raccolta, è divisa tra figli e amanti.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Elkann, grazie a queste figure femminili, pare costruire un moderno gineceo, dove ritrovare e ritrovarsi in tutto il caleidoscopio delle emozioni umane. Con abili tocchi di penna delinea una quotidianità fatta di piccole cose e grandi tragedie, la normalità attraversata dai ricordi e dai rimpianti, le tante forme che assume l’amore nel tempo. Ci ricorda come l’esistenza, per quanto all’apparenza banale, rimanga una esperienza da vivere e assaporare fino in fondo, soprattutto se ci si tiene lontani dal cinismo, dall’egoismo, dall’individualismo. In fondo vorremmo (potremmo, con buon senso e buona volontà) un po’ tutti far nostre le parole con cui l’autore racchiude una delle sue protagoniste, Leini: «La sua vita era piena di buoni propositi non esauditi, ma nel suo intimo era stata felice. Aveva sempre ricominciato a vivere altre vite, altre esperienze, perché aveva una fiducia profonda negli altri. Nel corso degli anni aveva attraversato molte cose dolorose, inspiegabili, ma aveva saputo accettarle, superarle e andare avanti. Sapeva bene che non conosciamo il significato dei nostri atti e delle nostre vite e restiamo avvolti da un mistero. Ed è proprio quel mistero, quel non sapere cosa potrà accadere un minuto dopo che è la nostra salvezza».

© Riproduzione riservata