È morta a 96 anni Naomi Parker Fraley, la vera "Rosie the Riveter", protagonista della celebre campagna "We can do it" e diventata uno dei simboli del femminismo.

Lei, tuta blu da operaia metalmeccanica e fazzoletto a coprire il capo, nell'immagine passata alla storia mostra il bicipite scoperto. "We can do it", possiamo farlo, recita la scritta che accompagna il messaggio.

Fraley, che durante la seconda guerra mondiale ha lavorato come operaia alla Alameda Naval Station, ha rappresentato quelle migliaia e migliaia di donne che negli Usa dovettero sostituire gli uomini, partiti a combattere. Un giorno un fotografo "ruba" uno scatto con lei impegnata alla catena di montaggio, la foto ispira poi la campagna pubblicitaria e lei diviene un simbolo dei movimenti femministi, seppur non sia a lungo riconosciuta come la protagonista del manifesto di propaganda stampato poi in tutto il mondo su gadget e magliette.

È infatti solo a sessant'anni dallo scatto che Fraley partecipa a una conferenza di donne che, come Rosie the Riveter, hanno lavorato durante la guerra; proprio in quell'occasione e per la prima volta vede la foto che veniva mostrata come ispiratrice del manifesto, riconoscendovisi. Si accorse tuttavia che la donna ritratta è identificata come Geraldine Hoff Doyle ed è grazie all'interessamento del professore della Seton Hall University, James J. Kimble, che conduce ricerche e verifiche sul "caso", che viene ufficialmente riconosciuta come la protagonista dell'immagine.

Naomi Parker Fraley non si è mai sentita un'eroina, né ha mai pensato di aver fatto qualcosa di veramente speciale: "Pensava di aver agito come molte altre – ha raccontato Kimble alla CNN - voleva solo che l'errore fosse corretto".

(Unioneonline/v.l.)
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