Era il 7 luglio del 1881 quando veniva pubblicata la prima puntata de “La storia di un burattino".

Il romanzo su Pinocchio, divulgato a puntate fra il 1881 e il 1882 sul Giornale per i bambini diretto da Ferdinando Martini, portava la firma di Carlo Collodi, pseudonimo del giornalista e scrittore Carlo Lorenzini. Lo stesso Collodi/Lorenzini non nutriva grandi aspettative sulla storia del burattino di legno che raccontava bugie, definendo l’opera una “bambinata”. «Fanne quello che ti pare, ma, se la stampi, pagamela bene, per farmi venire voglia di seguitarla», disse al direttore del giornale.

La prima metà fu un successo e spinse l'autore ad ampliarla per farne un volume, “Le avventure di Pinocchio”, la cui prima edizione fu pubblicata, con alcune modifiche, nel 1883 dalla Libreria Editrice Felice Paggi con le illustrazioni di Enrico Mazzanti.

Centoquaranta anni dopo il romanzo di Collodi è considerato un capolavoro assoluto, con una profondità che va ben oltre la letteratura per ragazzi e i classici romanzi di formazione. Tradotto in oltre 260 lingue, è il libro più tradotto e venduto della storia della letteratura italiana e secondo diversi studi la seconda opera più tradotta della letteratura mondiale.

Decine le trasposizioni teatrali, televisive e cinematografiche, la più celebre delle quali è quella d'animazione del 1940 prodotta da Walt Disney e in Italia lo sceneggiato Rai diretto da Luigi Comencini andato in onda nel 1972. Tra le altre versioni cinematografiche i film di Roberto Benigni nel 2002, di Matteo Garrone nel 2019, di Robert Zemeckis nel 2022. È del 2022 anche il film d’animazione in stop-motion di Guillermo del Toro, ambientato al tempo del fascismo, premio Oscar 2023 al miglior film d'animazione.

Curiosità, Collodi concluse la prima versione con il burattino impiccato: «Stirò le gambe e, dato un gran scrollo, rimase lì come intirizzito». Ma i piccoli e grandi lettori, sotto choc, protestarono talmente tanto che il giornale convinse Collodi a continuare la storia. Dopo altri due anni si giunse così al finale della trasformazione in un “bambino vero”. 

(Unioneonline/D)

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