Abbiamo distribuito abbracci anche quando non era necessario. Verbalmente poi ne abbiamo abusato, riservando la formula di saluto familiare anche a persone che non avevamo visto in faccia, o quasi. E ora che un abbraccio sarebbe salvifico e non possiamo più? "Ci si abbraccia per ritrovarsi interi". Parole sante della poetessa Alda Merini, custodi del valore demiurgico dei corpi che si cingono; ogni giorno di più scopriamo che il desiderio di abbracciare i nostri cari, gli amici, è diventato un'urgenza inappagabile. Accanto alla parola abbraccio abbiamo aggiunto l'aggettivo virtuale, passaporto per tutto ciò che ci è consentito fare. Cioè nulla di ciò che si faceva nella vita precedente. Tutto potenzialmente possibile, tutto concretamente vietato.

Questi due mesi di clausura sono comunque stati esperienza, sperimentazione, novità. Di sicuro abbiamo imparato ad andare per musei, spalancati sui nostri computer a qualsiasi ora del giorno e della notte, rifugio per gli insonni, balsamo per chi gode delle prime ore della giornata. E come sempre l'arte si rivela la grande fonte ristoratrice, perché sposa la bellezza al desiderio, la poesia al sogno, la fantasia alle emozioni più segrete. Consentendoci di perderci davanti a un abbraccio, tema celebrato con grazia o forza straordinaria nella storia dell'arte. Timido o passionale, l'abbraccio dietro il quale si cela amore è sempre stato una fonte di ispirazione per gli artisti. Quello che viene subito alla mente è il celebratissimo dipinto di Gustav Klimt (1862-1918), "L'abbraccio" o Die Umarmung, realizzato tra il 1905 e il 1909. Custodito al Museum fuer angewandte Kunst di Vienna, è parte di un trittico dedicato alla serie dell'Albero della vita. L'artista austriaco avvolge la coppia in un sontuoso e splendido mantello dorato. Ma ciò che c'è di bellissimo in uno dei quadri che gli diedero fama immortale è il viso di lei (quello di lui non si vede), tenuto dalle mani dell'amato, dolcissimo, sognante. In pieno stile secessionista (la corrente artistica caratterizzata da una forte sensualità), la cifra è l'uso della foglia d'oro sullo sfondo del dipinto, ispirato ai mosaici bizantini delle chiese di Ravenna, visitate da Klimt durante un viaggio in Italia.

Per un abbraccio non è necessario avere i piedi per terra. Lo sa bene Marc Chagall, il pittore russo di origine ebraica, naturalizzato francese (1887-1985) che ha popolato i suoi dipinti di donne e uomini leggeri, che sfidano la legge di gravità, ma al tempo stesso forti, dentro la vita, nonostante questa sia sottosopra. Così lui può tenere per mano lei che vola, sorprenderla dalla finestra, abbracciarla col viso rovesciato. Il tutto molto spesso illuminato dal colore azzurro che restituisce un senso di pace intenso, uno straordinario miscuglio di passione e dolcezza, in perfetta equilibrio. L'abbraccio può essere un enigma che ci riempie il cuore di interrogativi, proprio come quello che si scambiano Ettore e Andromaca. E' una celebre opera del 1917 di Giorgio De Chirico (1888-1978), custodita alla Galleria Nazionale di Roma. Straordinario protagonista della pittura metafisica, De Chirico affida spesso i sentimenti umani a due manichini, non per questo meno palpitanti.

In un panorama d'arte al maschile vale la pena di chiudere il mini viaggio tra gli abbracci con la pittrice polacca Tamara de Lempicka (1898-1980), appartenente alla corrente dell'Art Déco. Chiamata la Garbo dell'Est, la baronessa del pennello, ha circondato la sua figura di sensualità e mistero. Lo stesso che ha infuso nelle due figure che si stringono e si baciano con passione nel dipinto "Il bacio", realizzato nel 1922. Un uomo e una donna forse appena usciti da un teatro o da un caffè, sono stretti in un amplesso complice, intimo, appassionato.

Mentre speriamo di cancellare presto l'aggettivo virtuale dalle nostre vite, è meglio giocare con l'arte, generosa raccontatrice di una storia senza fine, quella di due esseri umani che si incontrano e si abbracciano. Proprio come fanno i due amanti nel celeberrimo "Il bacio" (1859) di Francesco Hayez (1791-1882), tesoro della Pinacoteca di Brera.
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