Non era mai avvenuto in acque italiane di poter ritrovare il relitto di un galeone del '500, perché il mare si mangia il legno. Solitamente. Ma su questo scafo non è riuscito a completare la sua forza distruttiva.

Così nel mare di Camogli, a 50 metri di profondità, nella zona di Porto Pidocchio, nell'area marina protetta di Portofino, è stato possibile fare la scoperta.

I resti individuati sono quelli di una grande imbarcazione rinascimentale. Potrebbero essere del Santo Spirito, uno dei più grandi galeoni italiani, naufragato al largo di Camogli nel 1579.

A dare la precisa identità all'imbarcazione saranno gli studi, già in corso da parte della soprintendenza che, assieme ai carabinieri subacquei ha avviato le operazioni di ricognizione.

Il ritrovamento, avvenuto a fine febbraio, da parte di due sommozzatori professionisti, è stato annunciato dalla soprintendenza che lo ha definito "importante". È infatti il primo di questo genere.

"È il primo relitto di quest'epoca, in Italia, dove possiamo condurre attività di ricerca - spiega Simon Luca Trigona, responsabile dell'archeologia subacquea della soprintendenza -. Il legno non si conserva, se non è coperto dal carico e questi scafi solitamente trasportanvao grano e stoffe che non potevano proteggere il fasciame. Di questa nave abbiamo una fiancata. Le operazioni di ricerca sul relitto saranno complesse perché si trova a 50 metri, limite delle capacità della subacquea professionistica. Dovremo trovare i finanziamenti necessari per operare a questo quota".

Da queste operazioni dovrebbero emergere molti reperti che, oltre a permettere una identificazione, potrebbero far conoscere meglio la storia della marina di quel periodo.

"Da un relitto di quest'epoca ci possiamo aspettare che emergano ceramiche, monete - sottolinea Alessandra Cabella, storica dell'arte, subacquea della Soprintendenza - ma anche strumenti di navigazione, come sestanti o sfere armillari, ma anche artiglierie, ancore. Tutti oggetti che potranno aiutarci a datare il relitto".

Per i due scopritori, Gabriele Succi ed Edoardo Sbaraini, il ritrovamento è stato una grande emozione. "Stavamo facendo una immersione esplorativa quando la nostra attenzione è stata attirata da un'area coperta da reti da pesca abbandonate e altri indizi che annunciavano la presenza di un un relitto non moderno, così abbiamo avvertito la soprintendenza".

(Unioneonline/v.l.)
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