I grandi film nascono dall’incontro tra grandi personalità – registi, attori, sceneggiatori e produttori – e sono spesso il frutto di congiunzioni astrali particolarmente eccezionali. I grandi film, inoltre, hanno una gestazione lunga, travagliata… insomma, una storia avvincente tutta da scoprire, un dietro le quinte che mescola realtà, epica e leggenda. È un discorso che vale pienamente per “Il padrino”, capolavoro di Francis Ford Coppola di cui si celebrano quest’anno i cinquant’anni dall’uscita al cinema. Un capolavoro a cui il giornalista statunitense Mark Seal ha dedicato un saggio avvincente come un romanzo: “’A pistola lasciala, pigliami i cannoli” (Jimenez Edizioni, 2022, pp. 408).

Il titolo, naturalmente, riprende una delle celebri battute del film. Una battuta che riunisce l’universo narrativo in cui si muove "Il padrino”, film sulla mafia per eccellenza dove fatalmente si mescolano violenza e sopraffazione (la pistola) e il culto per la famiglia, le tradizioni, le feste da celebrare (i cannoli, appunto).

Già queste poche considerazioni ci aiutano a capire la complessità dei piani di lettura di un capolavoro cinematografico come quello realizzato da Coppola, un film la cui realizzazione fu drammatica, grottescamente divertente e poetica quanto la pellicola stessa.

Nel corso degli anni, infatti, si sono accumulate le versioni più svariate sui tanti aspetti dell’impetuosa creazione di questa pietra miliare del cinema, a volte contrastanti, sempre avvincenti. Si è molto ricamato sulla figura di Mario Puzo, l’autore del romanzo da cui fu tratto il film, uno scrittore sconosciuto fino alla soglia dei cinquant’anni e con un passato trascorso a giocare d’azzardo e a sfuggire ai debiti di gioco.

Si è parlato molto della scelta della Paramount, casa di produzione tra le più grandi d’America ma sull’orlo del fallimento alla fine degli anni Sessanta, di puntare il tutto per tutto su un film in cui in pochi credevano perché in quegli anni i film di mafia si erano risolti più o meno tutti in un flop. Tante leggende sono state raccontate sulle ragioni della scelta di Coppola, un regista giovane, che costava poco e che accettò il film perché aveva bisogno di soldi per salvare la sua casa di produzione sommersa dai debiti. Infine, vi è una vasta letteratura sulle modalità secondo cui venne scelto il cast e su come Coppola vinse la ritrosia di Marlon Brando, convincendolo ad accettare il ruolo di Vito Corleone, il padrino.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Per questo volume Mark Seal ha passato al setaccio informazioni e testimonianze, ha avuto la possibilità di avere lunghe conversazioni con il regista Francis Ford Coppola e ha raccolto alcune interviste ai protagonisti del film, tra cui gli attori Al Pacino, James Caan, Talia Shire e altri. Tutto per arrivare a scrivere la storia definitiva di uno dei più rappresentativi capolavori del cinema americano.

Quello che è emerso dalla ricerca di Seal ci racconta di un’opera che fu una vera e propria odissea. Oltre alle complicazioni della produzione cinematografica, i creatori del Padrino si trovarono costretti a fare i conti con la vera protagonista del film (e con i suoi membri in carne e ossa): la mafia.

Durante la produzione, i permessi per le location a New York furono inspiegabilmente revocati, l’auto del produttore Al Ruddy fu trovata crivellata di colpi, uomini legati alla mafia fecero a gara per entrare nel cast, e ad alcuni di loro furono assegnate delle parti nel film. Dietro le quinte del Padrino si scatenò una guerra tra due delle massime potenze d’America: gli “squali” della produzione di Hollywood e i soldati della mafia.

Tutto questo mentre si stava realizzando la pellicola che “rivitalizzò Hollywood, salvò la Paramount dal fallimento, annunciò l’avvento di Francis Ford Coppola come uno dei grandi registi del cinema moderno, coniò una nuova generazione di star, rese ricchi lo sceneggiatore, il regista e il produttore, inventò un genere destinato a una costante fortuna nei decenni successivi, fino ai giorni nostri.

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