Il 25 ottobre si ricorda il martirio di San Gavino, soldato romano condannato a morte per essersi professato cristiano.

Secondo la tradizione, Gavino era un soldato romano, di stanza in Sardegna, nella zona dell’odierna Porto Torres

Qui predicavano il Vangelo due chierici, di nome Proto e Gianuario, che nell’anno 303 vennero denunciati al governatore Barbato, che amministrava la giustizia per conto dell’imperatore Diocleziano. Quest’ultimo aveva diramato un editto per vietare ai cristiani di professare la propria fede. E le persecuzioni furono spietate. 

Dopo essere stati scoperti, Proto e Gianuario vennero così arrestati e sottoposti ad atroci torture. Quindi vennero messi in prigione. Di guardia venne messo il soldato Gavino, anch’egli segretamente cristiano.

Gavino ebbe pietà dei due perseguitati e li liberò. E quando Barbato scoprì il suo tradimento e la sua vera fede decise di infliggergli il massimo della pena: la morte per decapitazione.

Gavino venne allora condotto su una scogliera e, sulla strada, una donna pietosa gli donò un velo, per coprirsi gli occhi al momento fatidico. Così fece Gavino, cui il boia tagliò la testa per poi gettarne il corpo in mare

Il giorno successivo, però, Gavino riapparve. Sia al marito della pia donna che aveva incontrato sulla strada verso il supplizio, sia ai due prigionieri tornati liberi grazie a lui.

Al primo restituì il velo – sporco di sangue – con cui si era bendato gli occhi davanti al boia. Ai secondi invece suggerì di smettere di fuggire e di professare il cristianesimo in segreto e di consegnarsi, invece, alle autorità romane, come aveva fatto lui, per diventare martiri di Cristo

Proto e Gianuario, colpiti dal suo coraggio e dalla sua fede, seguirono il suo esempio e vennero anch’essi uccisi per ordine del governatore Barbato il 27 ottobre 303, due giorni dopo Gavino, il coraggioso e devoto soldato ancora oggi venerato come martire e santo.

(Unioneonline/l.f.)

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